MATTANZA o MAGGIANZA – L’allevamento del tonno in mare

STABULAZIONE E INGRASSAMENTO DEL TONNO ROSSO:
MATTANZA O MAGGIANZA

Una nuova realtà si affaccia sulla scena ittica del Mediterraneo: l’allevamento in mare aperto di tonno rosso, unica attività in grado di dare lavoro di nuovo ai “tonnaroti” rimasti senza lavoro dopo la chiusura delle tonnare.

Ne hanno parlato a Castellammare del Golfo (Trapani), organizzata dalla società “Ittica del Golfo” di Alcamo, il prof. Andrea Santulli, direttore dell’Istituto di Biologia Marina dell’Università di Trapani, il dott. Christian Reina in rappresentanza della Tuna Graso, il dott. Giovanni Basciano, Giuseppe Stabile, Giuseppe Turano, Andrea Piccione general manager della Eurofish di Marsala e della Ricardo Fuentes e Hijos di Cartagena, Giuseppe Ancona sindaco di Castellammare, presente la prof.ssa Giulia Adamo, presidente della Provincia di Trapani.

Una stabulazione di 6 mesi per circa 4000 tonni che “ingabbiati” nelle acque di Malta e del golfo libico di Sirte sono stati trascinati alla velocità di un nodo all’ora passando davanti alla Riserva dello Zingaro sino davanti al porto di Castellammare e posti in 4 reti fisse di 50 metri di diametro e 28 di profondità in mare aperto.

Durante questo periodo i tonni, divisi per pezzature, saranno ingrassati con pesce azzurro sempre fresco pescato in oceano e non con mangimi, in modo da avere sempre tonni a disposizione con carni grasse e poco nervose proprio perché i tonni non debbono faticare per trovarsi da mangiare. L’impatto a sentire tutti i relatori sarà solo positivo poiché creerà un indotto di lavoro ai numerosi pescatori della zona che dovranno controllare e dar da mangiare ai pesci e inoltre porterà numerosi turisti che vedranno dal vivo questi giganti del mare dal peso di 200 e passa kg.

Una vera “maggianza” anziché la tanta sanguinaria e criticata “mattanza”. Il dibattito si è soffermato sull’inquinamento che gli escrementi potrebbero portare al trasparente mare della zona. Ed è qui che gli esperti hanno messo la mano sul fuoco giurando che inquinamento non ci sarà poiché un’altra fauna ittica girerà intorno alle reti perché questa si nutrirà di questi “gustosi residui”. Qui inoltre, si diceva, il fondale è ideale perché è fangoso e non sabbioso e le correnti marine superficiali hanno una direzione est-ovest parallela al posizionamento delle gabbie che vanno verso il mare aperto e non verso il porto.

Diffidenze e paure possono essere superate perché in altre parti del mondo si stanno facendo “stabulazioni” in mare aperto per spigole, branzini, orate. Anche in Sicilia la “Sicily Fish Farm” della famiglia Maggio di Menfi, che opera come quartier generale a Sciacca, ha ormeggiato sei vasche in mare aperto da cui ogni settimana prelevano dalle quattro alle sei tonnellate di saporitissime spigole che vengono immediatamente inviate sui mercati del Nord, Milano in testa, e subito dopo Zurigo. E il progetto della famiglia Maggio non si ferma qui in quanto sfruttando il patto territoriale “Terre Sicane” intende realizzare altre dodici vasche da collocare nel mare di Porto Palo e non è detto che sulla scia di Castellammare in futuro non si sposti l’allevamento anche ai tonni. Anna Maggio conferma che: “Da tempo stiamo lavorando a questo progetto considerando che c’è una fetta di mercato nipponico che ci richiede tonni mediterranei e vivi”. A Castellammare quindi il progetto è pilota perché per la prima volta si ingrassano tonni del raro blue-fin.

Abbiamo potuto sentire il parere del general manager Andrea Piccione che con gli altri due partners, hanno investito in questa operazione qualcosa come 20 miliardi.

D) Sig. Piccione, Favignana e Bonagìa, perché sono rimaste attive solo queste due tonnare ?

R) Sono rimaste attive solo queste ultime due tonnare, intanto perché il tonno dalle nostre parti passa sempre più al largo, e secondo perché quello che si pesca è di pezzatura piccolina e poi anche perché il costo per mantenere in vita una tonnara è molto alto.

D) Non è che le altre hanno chiuso perché gli ambientalisti hanno attaccato le tonnare dicendo che la mattanza è una tradizione si ma crudele?

R) No! Il tonno, come pure gli altri pesci sono animali e per un lavoro/business bisogna comunque ucciderli e per i tonni la “mattanza” rientra nelle regole del gioco perché in poco tempo si poteva avere più pesce considerando che i mesi principali del loro passaggio sono due.

D) Allora hanno un poco di ragione gli ambientalisti?

R) Anche gli altri animali vengono uccisi, come i maiali, le mucche, le oche, ecc. e non si fa tutto quel caos. Diciamo che forse il modo tradizionale e antico di come vengono uccisi i tonni è un poco impressionante. Noi comunque stiamo cercando di cambiare le cose, soprattutto per i turisti, anziché la “mattanza” cerchiamo di presentare i tonni quando mangiano e questa operazione l’abbiamo chiamato “maggianza”. Promuovere comunque il mercato del tonno ma sotto un altro punto di vista.

D) Eurofish: sappiamo che è la più importante azienda di Sicilia. Ne vogliamo parlare?

R) L’Eurofish è la più importante azienda non siciliana ma in Italia, forse la seconda in Europa, perché fa un lavoro in considerazione della gente che lavora, che da sempre ha lavorato con il tonno, anche perché affiancata anni fa, da una ditta multinazionale americana per cui, in base all’esperienza che avevamo noi siciliani, e l’esperienza che hanno portato gli americani facciamo della lavorazione con il tonno, di congelamento con l’azoto liquido, e lavoriamo anche altre parti del tonno, per cui riteniamo di essere una ditta quasi unica sotto questo aspetto.

D) Cerchiamo di spiegare meglio a chi legge, in cosa consiste l’operazione del pescato e poi portato nello stabilimento.

R) L’operazione comincia quando il pesce arriva qui, naturalmente già morto, raffreddato con acqua ghiacciata, ma pescato con l’amo, dalla nostra flotta marsalese, l’unica che pesca ancora con l’amo; qui viene immediatamente visitato dai tecnici giapponesi e americani per sondare la temperatura corporea del tonno, un’operazione delicatissima. I giapponesi non congelano il tonno se non ha la temperatura bassa, dopo di che controllano se ha la parte di grasso che loro richiedono e lo prendono; altrimenti prendono solo la ventresca perché grassa e non prendono altro. Il tonno viene quindi filettato dagli operai giapponesi e siciliani, e congelato a meno 60gradi. Quando si raggiunge una capienza di 1000 tonnellate di tonno congelato viene esportato su navi in Giappone.

D) Perché i giapponesi vogliono il tonno del Mediterraneo?

R) Perché ogni anno il tonno rosso detto anche Blue-fin emigra qui dalle acque fredde dell’America, e lo si pesca quasi per i giapponesi che lo ricercano per le carni rossissime, l’altro è lo Yellow-fin, il tonno chiaro, che è quello che gli italiani apprezzano. Il tonno buono dovrebbe essere scuro e sodo e invece noi vogliamo quello chiaro e che…si rompe con un grissino (distorsione pubblicitaria). Il tonno che si lavora all’Eurofish è tonno rosso che con esperienza e professionalità viene dissanguato prima e bene per evitare che la colorazione sia scura e per evitare intossicazioni sempre possibili. Da circa un anno, noi mettiamo il nostro tonno rosso, non nelle scatolette ma nei vasetti di vetro proprio per far vedere il tonno di prima qualità.

D) Ci sono ditte concorrenziali come la Vostra o siete leader del mercato?

R) Non credo, ditte concorrenziali non ce ne sono, infatti qui facciamo il 100 % di questo specifico lavoro.

D) Quante persone in totale fa lavorare l’Eurofish su questi mari?

R) A Marsala abbiamo 40 imbarcazioni, una flotta di pescherecci d’amo, poi utilizziamo 9 barche con grandi piscine per pesce vivo, per fare abbassare la temperatura dei tonni in modo d’avere sempre pesce fresco come lo richiedono i giapponesi. Poi disponiamo di una flotta di 25 imbarcazioni che fanno capo a Salerno.

D) Il pesce lo pescate tutto l’anno. Ma la maggior parte del lavoro l’avete quando il pesce sale o quando il pesce ritorna?

R) La maggior parte del lavoro si svolge nei mesi centrali, tra maggio e giugno, perché in aprile, alla prima luna nuova, comincia ad entrare dallo stretto di Gibilterra il tonno rosso dell’America che è bello grasso.

D) Quando entrano dove si dirigono?

R) In tutto il Mediterraneo. Sino al 12-13 di maggio i tonni depongono le uova e qui cominciano a dimagrire e questo tonno magro i giapponesi non lo vogliono. Lo utilizziamo noi da vendere sui mercati nostrani o finisce nei vasetti. Quindi finiamo la campagna verso la fine di giugno, in seguito noi dell’Eurofish lavoriamo pescespada, vari prodotti surgelati, e in ottobre lavoriamo solo ed esclusivamente con la pesca all’amo del tonno rosso, un tonno abitativo del Mediterraneo, di pezzatura più piccolina, in media dai 50 ai 100 kg che viene spedito in Giappone.

D) Ma perché si dice che scarseggia il tonno?

R) Succede che annualmente, da alcuni anni, il tonno ha scelto itinerari diversi; una volta entrato nel Mediterraneo il tonno segue i suoi itinerari a seconda del cibo che trova. Da diversi anni, una volta entrato nel Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra seguono le sardine o gli sgombri che si abbassano sempre più verso le coste libiche e pensiamo per ragione climatiche. Non essendoci abbastanza da mangiare i branchi di tonno cambiano itinerario e a migliaia, almeno il 70%, si spostano per inseguire le sardine.

D) Allora il termine “maggianza” non è un termine coniato ieri?

R) Il termine siciliano “maggianza” è antico, esiste da secoli e stava a rappresentare il pesce che seguiva il suo mangiare: il rombo, il totano, il calamaro, il pesce azzurro, ecc.

D) Quindi se non ho capito male, a Castellammare è stata creata questa nuova struttura per poter avere una disponibilità maggiore di tonni nell’arco dell’anno e per poter soddisfare i mercati in diverse momenti che non siano solamente i mesi di aprile, maggio e giugno?

R) Oltre a questo motivo ne esiste un altro. Prima d’ora i pesci venivano pescati e portati a terra morti, cosa che anche i giapponesi e i coreani fanno sulle loro navi-fattoria, in questo modo il pesce è portato quasi vivo nello stabilimento di lavorazione.

D) Ma questi pesci non soffrono chiusi nei recinti?
R) Il pesce soffre, ma si abitua subito, massimo 10 giorni. Quando i sub si calano nelle vasche confermano che i pesci stanno bene e diventano subito amici, cosa che si credeva potesse succedere solo con i delfini.

D) Un tonno nervoso che viene trasportato per diverse migliaia può attaccare l’uomo?

R) No, non può succedere perché è come un bambino che ha paura, è mansueto.

D) Questo esperimento è il primo in Italia?

R) Per il tonno si, nel mondo no. L’aveva già fatto un’altra ditta otto anni fa in Australia con venti vasche, anche se quando si parla di vasche non si parla di dimensioni. A Castellammare ci sono solo quattro vasche di 50 metri di diametro mentre a Cartaghena ci sono vasche da 120.

D) Questa operazione di stabulazione e ingrassamento potrebbe portare a un ritorno turistico, nel senso di poter visitare questi enormi acquari?

R) Assolutamente si, però è una cosa che deve essere organizzata con cura e con la massima attenzione. Innanzitutto il tonno, quando si è adattato ed è tranquillo sente arrivare le barche e sa che gli viene portato da mangiare, quindi affiora ed è possibile poterlo vederlo. Se per caso si avvicina una barca che non conosce il mestiere e non ha delicatezza, il pesce si innervosisce e poi non mangia. Dovete pensare che in ogni vasca ci sono circa 300 tonnellate di pesce e una gabbia ha un costo di diversi milioni.

D) Durante la stabulazione i tonni vengono presi per essere uccisi. La parte che viene prelevata per essere uccisa può essere integrata con un altro pesce?

R) No, perché il costo di questo tipo di lavoro è molto alto e quindi non esiste altro tipo di pesce che possa giustificare queste spese.

D) Quindi man mano che si uccide il pesce, le vasche si svuotano e si aspetta l’anno successivo per ricominciare?

R) Esatto, soprattutto per rispettare queste acque che in questo modo possono ripulirsi e rigenerarsi nei mesi freddi.

Vacanza in Sicilia alla ricerca delle tradizioni dei “tonnaroti”

Vivere la Sicilia è anche un momento di contatto con realtà che il Nord mai e poi si sognerebbe di vivere. Realtà diverse che fanno del Mare Mediterraneo una fonte inesauribile di risorse ittiche che per anni e anni ha dato lavoro a numerose famiglie di pescatori, nel nostro caso ai “tonnaroti”, cioè quelle persone che si dedicano alla pesca anche d’altura del famoso tonno rosso a pinna blu che troviamo solo ed esclusivamente nel Mediterraneo appunto e che tutto il mondo occidentale, giapponesi in testa, richiedono e strapagano per le loro mense fatte di pesci crudi di altissima qualità. Basti pensare che lo scorso anno il costo record di un kg. di tonno pescato nelle acque antistanti San Vito Lo Capo, il paese del cous cous di mare, fu ben più di 200.000 lire sul mercato di Tokyo.
Oggi la richiesta di questo tonno sta scatenando una vera guerra che si combatte con intercettazioni satellitari che scoprono e seguono il branco di tonni sino all’imbrigliamento in grandi reti in modo da poter tenere sotto controllo i pesci spostandoli da un mare ad un altro.

È una guerra che si combatte da molti anni, prima tra giapponesi e coreani, con le loro navi da tremila tonnellate di stazza, vere ‘macellerie galleggianti’ e poi ci sono i piccoli pescherecci dei siciliani, dei sardi, dei greci, dei libici (i più agguerriti) e degli spagnoli.

Gli europei gelosissimi delle loro acque, non amano le incursioni degli orientali che ora si spingono sino a Malta e ben oltre. Un ultimo atto di questo scontro si è consumato alla fine di luglio scorso quando due gigantesche imbarcazioni coreane hanno imprigionato migliaia di tonni dentro speciali reti in attesa di compratori giapponesi. Gli ambientalisti e le diverse capitanerie hanno protestato contro questi ‘nuovi pirati del mare’, che pescano senza regole e provocano incalcolabili danni ecologici al mare Nostrum.

Questi scontri sono cominciati negli anni ’70 quando a Tokyo si chiedeva sempre più pesce crudo di qualità per le loro tavole. Quello dell’Atlantico non era così buono come quello dei tonni a carne rossa e pinna blu che a primavera, ogni anno sfiorano le coste algerine e tunisine, per poi risalire verso il trapanese e la Sardegna. Una richiesta di tonno incredibile che porta il consumo al 90% del tonno mediterraneo, fresco, tenero, rosso con le tipiche strisce di grasso bianco e senza piombo o mercurio di cui sono ricchi i tonni di altri mari e di cui essendo

Queste battute di pesca in circa 30 anni hanno depauperato il mare di quei tonni di cui vivevano le tonnare siciliane. Solo cento anni fa se ne contavano una cinquantina. Oggi ne sono sopravvissute due, quella piccola di Bonagìa, vicino a Trapani, gestita dalla Castiglione di San Cusumano e quella di Favignana che fu già dei Florio. Tutto il comparto è in lenta agonia, si fa mattanza più per i turisti che per la vera “pesca” del tonno. Sono troppo piccoli e la spesa di impianto di una tonnara non viene coperta dai ricavi.

Abbiamo incontrato Filippo Amodeo, responsabile acquisti della Nino Castiglione di San Cusumano ed a lui abbiamo rivolto alcune domande.

D) Sig. Amodeo, Favignana e Bonagìa, le ultime due tonnare ancora in attività in Sicilia; che cosa rappresentano oggi, cosa hanno rappresentato e cosa potranno rappresentare in futuro?

R) Possiamo dire sicuramente che in passato erano due grossissime attività come tutte le tonnare.Basti pensare che solo lungo la costa siciliana trapanese erano presenti da sette a nove tonnare: la tonnara di Bonagìa, di Scopello, di Formica, di Favignana e altre ancora; queste erano tonnare di “andata”, nel senso che i tonni prima passavano da qui, poi facevano lo Stretto di Messina e infine tornavano qui. Sicuramente una volta rappresentavano molto di più, perché erano le uniche attività che davano vita alla gente del posto, dava lavoro alle famiglie. Ora è rimasto un fatto di tradizione. Comunque per chi lo fa ancora, come noi, con la tonnara di Bonagìa, è un’attività che stagionalmente da lavoro a sessanta famiglie, tutte della zona. Gente che conosce il mestiere che non è solo andare per mare per vedere se ci sono i tonni dentro le reti, ma è un mestiere soprattutto di preparazione delle reti: bisogna saperle preparare!! Perché mettere le “camere” con tutta l’attrezzatura non è facile! Nel tempo ci sono state delle evoluzioni da quello che era l’impianto fisso della tonnara.

D) Questi “tonnaroti” quando non sono impegnati per la pesca cosa fanno?

R) Vivono di pesca comunque, perché alcuni sono pescatori, altri vanno a lavorare in salina, altri ancora fanno attività legate al mare. Per esempio quelli di Favignana oltre ad essere “tonnaroti” in estate affittano le case ai turisti; altri lavorano proprio per il turismo perché portano in giro i clienti con le loro barche per vedere grotte e calette bellissime che ci sono lungo le coste di Favignana. Molti altri si imbarcano sulle navi per pescare altri pesci e queste battute durano anche alcuni mesi.

D) Ci dice perché è così importante il tonno siciliano o mediterraneo nei confronti degli altri tonni?

R) Il tonno che si pesca qui da noi è il blue-fin molto apprezzato in Giappone perché molto panciuto, grasso, e poi perché si avvicina al nostro mare nel periodo migliore quello della riproduzione. Si avvicina nel periodo caldo per cui la carne si riscalda e questo tonno è rosso, non è il tonno bianco Yellow-fin che subisce le temperature delle acque fredde dell’oceano.

D) Come fa ad arrivare fresco in Giappone se secondo loro va usato nel giro di ventiquattro ore?
R) Alcuni lo spediscono subito; nel momento in cui ammazzano il tonno lo mettono in casse e lo spediscono e nel giro di poche ore arriva in Giappone. Comunque anche quello che viene pescato da noi lo si definisce fresco, perché noi peschiamo a meno di cinque km dalla costa, e in un’ora, un’ora e mezza al massimo, lo portiamo alla banchina di Bonagìa, lo mettiamo sui nostri camion frigor e lo portiamo immediatamente nello stabilimento dove viene lavorato e selezionato togliendo la testa, la coda, viene eviscerato e vengono fatti quattro filetti. Questi quattro filetti vengono messi subito in una cella a – 60°. Quando il carico è pronto si effettua la spedizione.

D) Ma il tonno che voi dichiarate di tonnara, è tonno che pescate voi oppure è tonno che voi solo lavorate ma viene da fuori?

R) Il tonno che noi dichiariamo di tonnara in sostanza è nostro, pescato dai nostri pescatori nel Mediterraneo.

D) E con gli ambientalisti e la mattanza, come la mettiamo?

R) Gli ambientalisti hanno fatto un poco di confusione strumentalizzando la tonnara di Favignana che diventava, secondo loro, un mezzo per fare pubblicità e che quindi il motivo della pesca fosse quasi secondario.

D) Quelle che voi chiamate “camere” vengono le cambiate ogni anno? E quanti tonni si pescano in una stagione?

R) Si, quelle vengono tirate su ogni anno verso il 13 di giugno, quando si dice “ gli si gira l’occhio al tonno ” nel senso che non va più nelle stessa direzione, è come se cambiasse rotta di viaggio. In una buona stagione riusciamo a fare circa 1.500 tonni; mentre Favignana ne fa di meno dai 600 ai 1.000 tonni al massimo. Non c’è una statistica fissa. Se poi pensiamo ai nuovi sistemi dette delle “ tonnare volanti” che l’ausilio di elicotteri, dall’alto avvistano il branco e poi in una “calata” prendono circa 2.500/3000 tonni, tutti in una volta, ed il guaio è che è tutto regolamentare…..e questo tipo di pesca rovina i mercati. Fortunatamente negli ultimi anni qualcosa è stato fatto nel senso che si sono stabilite delle “quote pesca”, però come si suol dire “fatta la legge, trovato l’inganno” nel senso che adesso catturano i tonni ma non li uccidono perché li portano nelle “farming”. I pescatori cercano il branco, li circondano con le reti e poi trascinano queste reti sino a grandi gabbie fisse. Quindi non si può più quantificare una quota. Diventa un grosso punto interrogativo.

D) Che cosa vediamo allora di roseo nel futuro delle tonnare?

R) Il futuro per le tonnare non è sicuramente roseo. Per quanto riguarda la tonnara di Bonagìa, credo che seguirà il percorso che hanno seguito tutte le altre, anche se si registrano delle buone pescate, anche quest’anno abbiamo fatto 1.600 tonni…però il pesce continua a diminuire, i pesci sono sempre più piccoli e i costi continuano ad aumentare. Il mestiere sulla tonnara è un rischio sempre molto alto perché cominciano a mancare gli uomini. Noi continueremo a farlo fino a quando avremo le forze, perché è il nostro lavoro e abbiamo già tutte le attrezzature, ma volendo iniziare da zero, sarebbe una cosa impossibile: ci vorrebbero miliardi. Si dovrebbe farlo per beneficenza: si investe per la gloria, tanto per dire: anche questo anno ho mantenuto alto il valore della tradizione e ho dato ancora una volta un’immagine alla mia azienda.

D) Si poteva difendere di più queste tonnare?

R) Si poteva fare sicuramente molto di più. In passato si davano sovvenzioni agli imprenditori che ancora credevano nella pesca tradizionale delle tonnare e anche come forma di sovvenzione turistica, perché era un modo per attirare gente che veniva da fuori per curiosare in questo tipo di attività. Alcuni anni fa c’è stato un nuovo entusiasmo che ha portato i pescatori locali, di Trapani, di Marsala, di Mazzara del Vallo ad investire nei loro pescherecci comprando tutta l’attrezzatura necessaria, per andare a pescare tonni nell’area di Malta, di Lampedusa, di Pantelleria, e di conseguenza ora il tonno trova tutti questi sbarramenti e nelle nostre coste non arriva quasi più.

Servizio a cura di Rocco Lettieri per la Rivista Ex Vinis di Luigi Veronelli

Pubblicato sul numero 62 – dicembre 2001/gennaio 2002 – da pagina 73