Pranzo al San Domenico

UNA GIORNATA AL SAN DOMENICO – 22 SETTEMBRE 2002

A RICORDO DEI 30 ANNI DI MATRIMONIO DI MARINA E ROCCO

IN CANTINA:

Leccornie e “Bollicine”

FRANCIACORTA docg SATÈN 1997 IN MAGNUM
CONTADI CASTALDI

*

IN TAVOLA:

ZUPPETTA DI CARDI GOBBI CON CROCCHETTA DI CROSTACEI

TERRINA DI FEGATO TARTUFATO ALLA ”NINO BERGESE”
CON BRIOCHE TOSTATA E PANE ALL’UVA ZIBIBBO

ALTO ADIGE GEWÜRZTRAMINER 2001 KOLBENHOF
HOFSTÄTTER – FAMIGLIA FORADORI

*
CODE DI SCAMPI DEL QUARNARO
CON TORTINO DI PATATE ALL’OLIO DI PEPERONI,
CALAMARETTI VELO E BASILICO

GARGANELLI “DI IMOLA” AL PETTINE
CON CAVIALE IMPERIALE ED ERBA CIPOLLINA

UOVO IN RAVIOLO “SAN DOMENICO”
PARMIGIANO E TARTUFO DI STAGIONE

GRECO DI TUFO 2001
BENITO FERRARA

*
CARRÈ DI AGNELLO NOSTRANO,
ALL’ACETO TRADIZIONALE DI MODENA,
CON BRULÈ CARAMELLATO DI BROCCOLI,
SALSA DI PRUGNE E ARMAGNAC

BAROLO DOCG 1997 VIGNA COLONNELLO
BUSSIA SOPRANA di SILVANO CASIRAGHI

*
LA NOSTRA PASTICCERIA MIGNON
ASSORTIMENTO DI DESSERT DEL SAN DOMENICO

BEN RYÈ PASSITO DI PANTELLERIA 2001
AZ. VIT. DONNAFUGATA

*
CAFFÈ

I pani del San Domenico a cura di Rocco Lettieri

*********

Ricordo di una giornata al San Domenico

Il Pane, il cibo, i sapori della tavola al San Domenico di Imola

Per onorare la memoria di Nino Bergese il 14 dicembre 1998, quella stupenda bomboniera che è il Teatro Comunale Ebe Stignani – un vero gioiello architettonico – era affollata all’inverosimile. La gente si accalcava all’esterno nel tentativo, per altro inutile, di trovare un pertugio per entrare. Per Imola era una serata importante, uno di quei giorni che rimangono nel cuore di tutti.

Sembrerebbe esagerato parlare in questi toni della festa di un ristorante e del suo “nume tutelare”, ma il San Domenico con Gianluigi Morini, Valentino e Natale Marcattilii e con tutti i collaboratori rappresentano un bene “molto speciale” per la città romagnola. Afferma, infatti, il sindaco Raffaello De Brasi che è un patrimonio culturale che ha fatto conoscere Imola in tutto il mondo, ora più che mai essendo Imola inserita in quell’importante circuito delle Città del Vino. Ebbene, in questa suggestiva cornice, con tanti imolesi intorno e giornalisti di ogni dove, è stato presentato il libro “ Il San Domenico di Imola. Estetica del cibo, le cantine, i sapori della tavola ” voluto fortemente dalla Cassa di Risparmio di Imola e dal suo presidente Paolo Casadio Pirazzoli che da sempre ha cercato di favorire lo sviluppo economico e sociale del suo territorio. Il volume è pubblicato e distribuito dalla Rizzoli, un libro illustrato che non potrà mancare nella libreria di ogni persona amante della cucina. Il costo è contenuto grazie all’interessamento di Domenico Lanzoni, presidente della Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola che ha sponsorizzato anche le due manifestazioni di presentazione sia Milano sia a Imola. E’ stato curato dalla brava Miria Mazzetti e scritto da tre indiscusse, nei rispettivi ambiti, personalità, che illustrano con garbo e professionalità le atmosfere che si vivono in questo tempio della ristorazione italiana.

Vittorio Sgarbi ha trattato i temi dell’arte, come iconografia dei sapori e dei colori della tavola, suggerendo appropriati riferimenti confrontando alcune delle più importanti opere della storia con il cibo. Marco Guarnaschelli Gotti ha percorso le tappe dell’evoluzione della gastronomia italiana passando dalla nouvelle cuisine a oggi. Luigi Veronelli, ha ispezionato e catalogato con la cura e la consueta acutezza e competenza i vini della famosa cantina del San Domenico, che si snoda nell’ex convento per circa mille metri quadrati. Infine, l’arte culinaria è resa viva e attuale attraverso le ricette di Valentino, restituite nella loro piena dimensione artistica dalla fotografia di Gianni Renna, collaboratore di Grand Gourmet.

Per la verità dobbiamo riferire che già in altra occasione, ben quindici anni fa, la sera di mercoledì 29 settembre 1982, si ebbe ancora un momento così magico per Imola. Veniva infatti presentato il libro scritto da Morini e dedicato al suo ristorante: “A tavola al San Domenico ”, Rizzoli Editore, alla presenza del grande attore e gastronomo Ugo Tognazzi. Il libro racconta la storia di Gianluigi, della sua passione per la ristorazione, lui che scelse a malincuore la carriera bancaria per rispettare la volontà del padre. La prefazione era di Carlo Bo ed era racchiusa sotto un titolo “Imola e Parigi” volendo significare la sfida di Morini, fondata sullo stadio di un continuo confronto fra il suo ristorante e Imola da una parte e la capitale francese dell’altra.

Morini, perfezionista maniacale, racconta della sua casa e fa anche una breve storia della cucina europea, muovendo da Marie-Antoine Careme passando per Auguste Escoffier e Fernand Point, e giungendo sino a Bocuse. Infine approda a Nino Bergese, il re dei cuochi, il cuoco dei Re, al quale dichiara sconfinati sentimenti di gratitudine e ammirazione. Sempre in quel primo volume troviamo cento ricette di Valentino, definite facili, senza artifizi o segreti nascosti. Io credo – disse Valentino alla presentazione – di avercela messa tutta, che più chiaro di così non potevo proprio essere. Forse non è facile trovare alcuni ingredienti, ma di certo vale la pena di cercarli ”. Ricordo che quella particolare sera agli ospiti fu offerto Pasticcio di fegato in terrina, Uovo in camicia con tartufi d’Alba, Branzino in foglie di lattuga, Sorbetto di pompelmo al pepe bianco, Sella di vitello alla Nino Bergese e dalla “ bunker/cantina ” furono serviti due Château Lafite Rotschild Pauillac, in Imperiale, 1971, appositamente recuperati dai vinai in Milano, Alberto e Giberto Brovelli.

Una cena memorabile in un ristorante perfetto, dove tutto è ancora oggi, giustamente calibrato. Questo 14 dicembre 1998, per la presentazione del libro erano presenti gli autori con in più quell’On. Vittorio Sgarbi che ha incantato il pubblico con un’ora e dieci minuti di dialettica eno-gastro-culturale come solo lui può permettersi. Sgarbi ha dato un saggio della sua arte oratoria celebrando il San Domenico come un’opera d’arte, raccontando le sue importanti sedute in quel del San Domenico, fondamentale presidio di cultura romagnola, a lui molto caro, in quanto sua madre era di Santa Maria Codifiume di Argenta, quindi romagnola, con padre veneto (una mistura che non mi è particolarmente piaciuta – parole sue -) e lui nativo di Ferrara, quindi romagnolo. Il suo racconto, che già tenne in quel di Milano, al Four Seasons, per la prima presentazione ufficiale del libro, si dilunga sulla sua prima volta al San Domenico quando si rese conto di non trovarsi in un comune ristorante, una trattoria, dove uno può mettersi comodo, nò, bisognava stare composto, stare attenti a come si appoggiavano le posate, come fare a girare il bicchiere del vino che ti veniva porto da un gentiluomo in abito scuro, insomma composto come quando si va in chiesa. Da qui i primi sacrifici per il piacere di accomodarsi ai tavoli del San Domenico dove non puoi andare vestito male, sudato o di cattivo umore, perché al San Domenico si va predisposti da almeno una settimana e convinti di stare seduti per diverse ore con un rituale di lentezza adatto alla conversazione gastronomica spiluccando panini e grissini fantasiosi come in nessun altro luogo al mondo. In effetti il pane al San Domenico si fa due volte al giorno e credo sia l’unico ristorante a potersi permettere il lusso di un vero forno da pane con tanto di umidificatore e con una persona che si destreggia magnificamente tra impastatrice, spezzettatrice, e formatrice. Sì perché al San Domenico i macchinari ci sono proprio tutti. Un bel sentire quello di Sgarbi che ha tradotto la gastronomia in un sapere filosofico citando Feuerbach (L’uomo è ciò che mangia) o Oldenburg, con la sua “Pop Art”, il quale non è altro che un allievo del Morini, o la musica di sottofondo del Buscaroli, sottolineando l’opulenza dei banchetti di Caravaggio e Van Gogh e le tavole di Cezanne fino alle nature morte di Morandi. Sentire ancora che Nuvoletti è il filosofo del matrimonio del buon vivere e che Agnelli rappresenta lo stile assoluto in Italia come assoluto lo era Nino Bergese in cucina.

E ancora un applauso scrosciante è venuto dai presenti quando Sgarbi, pardon Vittorio, come ha voluto definirsi quella sera, ha definito papa della cucina il Morini. Sì perchè essere al San Domenico è come essere a messa, una celebrazione che si tiene tutti i giorni (salvo i giorni di chiusura del locale) con tanto di sacerdoti (i cuochi) e di cardinali (i mâitre) e Morini che come un papa tiene tutti sotto controllo. Applausi a scena aperta comunque per tutti, autori e attori, con in primis Valentino e Natale Marcattilii ai quali si è unito Paul Bartolotta, grande amico e allievo di Valentino, appositamente venuto da Chicago, dove ora lavora al ristorante Spiaggia della catena Levy Restaurant, che collaborò per ben sette anni a Imola e che con Valentino fece l’inaugurazione nel 1988 del San Domenico di New York di Tony May che venne appositamente a Milano per essere vicino a Morini per la presentazione di questo libro. A Milano seguì per tutti gli invitati una cena a dir poco grandiosa. Qui a Imola, al Teatro, grazie sempre alla Cassa di Risparmio, è stato offerto a tutti un grande buffet preparato dagli chefs del San Domenico.I più fortunati tra i numerosi presenti all’incontro, persone comunque legate da lavoro alla ristorazione, avevamo ricevuto l’invito per continuare i festeggiamenti al San Domenico, nella sua veste nuova, con la nuova entrata e con i nuovi servizi come si addice ad un locale di prestigio e di gran classe già in clima natalizio con alberi addobbati per il Natale. Aperitivo servito nelle stupende cantine appositamente disposte per ricevere personalità importanti. Partenza con flûte di Spumante Brut Frescobaldi 1993 abbinato a frivolité quali ad esempio Lumachine in tempura, Alette di pollo impanate e fritte, Salame piccante in pasta sfoglia, Olive all’ascolana, Piccoli toast alla fontina e udite…udite… Culatello di Zibello di quel grande personaggio che è Massimo Spigaroli, presidente del Consorzio Culatello di Zibello e titolare del famoso ristorante Cavallino Bianco di Polesine Parmense. Un cruda e dolce realtà che si scioglieva in bocca. Il menu, servito per 80 ospiti, si può solo raccontare senza alcun commento: Cestini di pane fantasia con Scaloppa di fegato d’oca in salsa di Château d’Yquem sposata ad uno Château d’Yquem, in Imperiale, 1987, di Alexandre de Lur-Saluces. Uovo in raviolo con tartufi bianchi d’Alba con Müller Thurgau Palai 1996 di Pojer e Sandri. Trancio di branzino in brodo di cappone con coriandoli di verdure con Chardonnay Zaraosti 1996 di Andrea e Roberto Zeni. Piccione arrostito al tartufo nero di Norcia con funghi allo scalogno abbinato ad uno Château Mouton Rothschild, in Imperiale, 1987, di Philippine de Rothschild. Pre dessert con Piccola pasticceria super mignon e Crema cotta alla lavanda caramellata con zucchero di canna. Dessert: Crespella farcita alle mele con cono al torroncino (semplicemente stupendo piatto!) con Moscato d’Asti La Caudrina, in Magnum, 1997 di Redento Dogliotti. Cioccolatini del San Domenico e Caffé. Scusateci se a qualcuno è venuto l’acquolina in bocca. Vent’anni dalla scomparsa di Nino Bergese che a molti questa festa ha fatto persin piangere dalla commozione…..”

Rocco Lettieri

Articolo pubblicato da La Madia