COCORADICCHIO 2004

COCORADICCHIO 2004

IL FIORE CHE NASCE DALLE ACQUE D’INVERNO

Da più di 15 anni sette importanti ristoranti della pedemontana trevigiana (Alla Torre, Barbesin, Celeste, Gigetto, Miron, Terme e Tre Panoce) hanno dedicato la loro creatività alla famosa cicoria – il Radicchio Rosso di Treviso IGP e Variegato di Castelfranco IGP – ideando una fortunata manifestazione enogastronomica invernale: CocoRadicchio.
Tra febbraio e marzo, sono previste una serie di serate, che vedranno i 7 ristoranti impegnati nell’interpretazione del Radicchio Rosso di Treviso e le sue molteplici preparazioni, con la creazione di speciali menu ad hoc.

Per l’edizione 2004 i ristoranti del CocoRadicchio hanno pensato all’head-line :

IL FIORE CHE NASCE DALL’ACQUA

Tema della manifestazione sarà pertanto la cultura trevigiana e il suo rapporto con i molti fiumi che lambiscono il suo territorio. Acqua come elemento di forte caratterizzazione del paesaggio e della cultura, ricchezza per la produzione del Radicchio Rosso di Treviso, inscindibilmente legato alle acque del fiume Sile.

CocoRadicchio s’inoltrerà nel cuore della tradizione, come è stato per la recente edizione del CocoFungo, andando ad esplorare le civiltà fluviali, gli Zattieri sul Piave che trasportavano dai monti il fasciame per la flotta veneziana, gli otri pieni di olio d’oliva, vini spumeggianti ed i Molini del Sile, patrimonio di tutta un’economia rurale.

Particolari ricette arriveranno dalla tradizione nelle nostre tavole moderne, rivisitate ed alleggerite, conservando però quel senso di umiltà e semplicità proprio della storia trevigiana.

Le serate saranno allietate da letture di poesie in antico dialetto veneto, istrioniche prove d’attore dedicate alla ricostruzione del mondo perduto dei nostri nonni, significativi quadri di artisti contemporanei dedicati all’acqua.

Com’è ormai da tradizione anche CocoRadicchio 2004 sarà occasione per la pubblicazione di un prezioso ricettario dove alle descrizioni dei piatti faranno da contrappunto foto storiche, aneddoti e brani per interessanti letture, vera delizia per gli appassionati di storia locale.

CALENDARIO COCORADICCHIO 2004

LUNEDI’ 09/02/2004
TRE PANOCE DI CONEGLIANO
TEL. 0438.60071

GIOVEDI’ 19/02/2004
ALLA TORRE DI SAN ZENONE DEGLI EZZELINI
TEL. 0423.567086

LUNEDI’ 23/02/2004
TERME DI VITTORIO VENETO
TEL. 0438.554345

MARTEDI’ 24/02/2004
TERME PRESSO CASTEL BRANDO DI CISON DI VALMARINO

VENERDI’ 27/02/2004
BARBESIN DI CASTELFRANCO VENETO
TEL. 0423.490446

MERCOLEDI’ 03/03/2004
GIGETTO DI MIANE
TEL. 0438.960020

VENERDI’ 05/03/2004
MIRON DI NERVESA DELLA BATTAGLIA
TEL. 0422.885165

MARTEDI’ 09/03/2004
CELESTE DI VENEGAZZÙ
TEL. 0423.620445

Info: Carry On – Tel 0039. 0438.24007 –
e -mail info@carryon.it

Il prezioso fiore rosso di Trevisio

Se lo guardi, egli è un sorriso
Se lo mangi, è un paradiso
il Radicchio di Treviso.
(Aldo Van den Borre)

Un poco di storia

Il radicchio di Treviso (tardivo e precoce) e quello variegato di Castelfranco con la loro ormai secolare storia sono i più noti e più prestigiosi frutti della terra trevigiana. Coltivati un tempo dagli agricoltori della Marca come attività secondaria, in questi ultimi anni grazie all’affinamento delle tecniche produttive e al miglioramento generico hanno assunto un’importanza tale sino a diventare per certe aziende fonte di reddito primario. Si deve a Giuseppe Benzi, agronomo di origine lombarda, trasferitosi a Treviso nel 1876, la prima mostra ufficiale nella centralissima Loggia dei Signori del capoluogo della Marca che fa da suggello ad un lungo processo di affermazioni di queste insalate che non hanno più “soltanto pregio locale, ma godono, e meritatamente, fama europea”. Al “concorso orticolo” del 20 dicembre 1900, vi parteciparono 56 espositori con 78 campioni di merce. Le qualità premiate furono cinque; vincitore assoluto il “rosso trevigiano” ed è quello di cui vogliamo parlarvi.

Lo scrittore Luca Goldoni in un articolo apparso sulla rivista Sorrisi & Canzoni lo definì: “ L’aragosta degli ortaggi: buono ma caro e prosegue…..mi sono sempre chiesto il perché in quanto per l’aragosta il prezzo si giustifica, ma pensavo che per il radicchio bastasse coltivarne di più. Ignoravo che da semplice ortaggio diviene orchidea da tavola dopo un lungo e assai curioso trattamento. Mi sono dunque documentato ed ho scoperto ad esempio che la varietà chiamata tardiva (la più buona e la più costosa) non viene solo coltivata ma subisce un vero e proprio trattamento come in una beaut-farm. Questo radicchio viene colto a metà novembre, ripulito dalle foglie esterne, ripiantato in mini serre a tunnel in posizione verticale (per non danneggiare il suo prezioso cuore) e quindi viene immerso in vasche di cemento e sottoposto ad un “idromassaggio” di venticinque giorni: acqua corrente a temperatura costante di 12°. Alla fine del trattamento il radicchio è divenuto pallido come la luna ed è pronto per la “sauna”: temperatura a 20° e alto tasso di umidità. Ed è qui che matura completamente e si presenta con le foglie rosse scuro, mentre la costola dorsale (che ha perduto tutta la clorofilla) è diventata bianca e croccante. Ultimi ritocchi: eliminazione delle foglie non perfettamente integre, taglio della radice, doccia finale di dieci minuti, asciugatura e voilà, ecco la star di tutti i radicchi. Credevano venisse dall’orto e invece viene da un istituto di bellezza.”

Il Radicchio rosso di Treviso

Comunemente si tende a confondere il variegato con il rosso trevigiano; la rivalità fra i due coltivatori dell’un tipo e dell’altro è notevole ma la palma spetta sempre al rosso di Treviso che viene anche definito: fiore che si mangia. Il periodo migliore per apprezzarlo in tutta la sua bontà, va da metà novembre sino a marzo, comunque sempre finchè dura il freddo. Ha subito le giuste “forzature” ed è pronto per essere apprezzato in numerose ricette, dall’antipasto al dolce, addirittura nella Grappa al Radicchio, inventata nel 1881 da Guglielmo Negroni, titolare dell’omonima distilleria di San Martino del Piave, oggi diventata ambasciatrice dello spadone trevigiano nel mondo. Da un punto di vista gastronomico il Radiccchio Rosso di Treviso ha per molti anni legato la sua fama al fatto di essere un’insalata. Nell’uso quotidiano era infatti utilizzato come semplice contorno oppure fatto rosolare con pezzetti di lardo. Le grandi potenzialità di questo ortaggio vengono sfruttate a partire dal 1959 con il Festival della Cucina Trevigiana voluto dal grande e compianto Giuseppe Maffioli. L’anno successivo si aggiunse il Concorso della Buona Cucina Paesana promosso dalla Pro Loco di Castelfranco. Il momento magico si toccò negli anni ‘80 quando il Gruppo Ristoratori della Marca Trevigiana iniziò ad organizzare l’annuale Rassegna Gastronomica dedicata al “fiore rosso” di Treviso. Fu un trionfo di ricette, dai tortini alle crespelle, dai ravioli di radicchio ai risotti, dalle zuppe ai fagottini, dal baccalà al nasello, dagli straccetti al radicchio al forno e alla crostata con marmellata di radicchio.

Il Radicchio IGP
Se la fantasia in cucina non ha limiti, con il radicchio si toccano vertici impensabili anche perché si sposa perfettamente con i vini gioiosi della Marca: prosecco, verdiso, tocai, merlot, cabernet, malbeck e merlot. La superficie coltivata è passata da cento ettari del 1980 agli attuali novecento con una produzione complessiva di 50/60.000 q.li e un giro di affari di oltre 50 miliardi. Il Radicchio Rosso di Treviso, ormai conosciutissimo, si protegge e si cautela e dal 1° luglio 1996 è il primo ortaggio, unitamente al Radicchio Variegato di Castelfranco, ad essere riconosciuto dall’Unione Europea ad Indicazione Geografica Protetta (IGP). Questo regolamento, frutto di una felice intuizione dei produttori e tenecemente perseguita dalle diverse componenti del mondo agricolo trevigiano, con lungimiranza, ha saputo organizzarsi nel Consorzio per la Tutela e la Valorizazione del Radicchio di Treviso nelle qualità Radicchio Rosso Tardivo e Radicchio Rosso Precoce. Il Tardivo o invernale dal colore fogliare rosso vinoso intenso con nervature secondarie appena accennate e costola dorsale completamente bianca, dal sapore gradevolmente amarognolo e croccante nella consistenza, con cespo corredato di una porzione di radice fittonante perfettamente toilettata e di lunghezza proporzionale alla dimensione del cespo, comunque non superiore a 6 cm., è prodotto in provincia di Treviso (17 comuni), in provincia di Venezia (5 comuni) e in provincia di Padova (2 comuni). Il “ Fiore d’inverno ” ha bisogno del gelo. Solo grazie alle brinate il Radicchio matura e acquisisce le caratteristiche tipiche della varietà. Una volta raccolto viene pulito dalle foglie più esterne, già rinsecchite o lesionate, e dalla terra che aderisce alla radice. In mazzi, i cespi sono conservati in solchi aperti sul terreno e protetti dalle avversità atmosferiche. Mentre tutt’intorno la campagna è immobile il “radicchio” viene immerso con la radice nell’acqua sorgiva dove forma nuove foglie che in assenza di luce sono prive di ogni traccia di pigmentazione verde con ciò esaltando il rosso intenso della lamina fogliare e il gusto gradevolmente amarognolo.
Ora, alla soglia del 2004, il “ Radicchio “ è celebre nel mondo e non solo in cucina. Anche in poesia trova il giusto spazio: “….Quei cespi – freschi eleganti a candida lunga radice, dal cui colletto si slanciano come chioma di palmizio, le foglie della bianca, fragile dorsale, dal color rosso degradante in delicate sfumature al cuprico, al violaceo, al carnicino – sembrerebbero concezioni d’artisti, anziché prodotti della terra, se non si conoscessero i miracoli di luce e di colore che il sole, il sole soltanto, sa rinnovare. E tutto ciò senza salire a quei gruppi eccezionali che la patria di Giorgione sa creare, verticilli imponenti per peso, per dimensione, per forme, per eleganza, nei quali il fogliame, colorato, sfumato dei verdi più teneri e più puri, liscio od increspato, a margini interni o leggermente sinuati, eretto o divaricato, a volte macchiettato, spruzzato, lineato di giallo e di porpora, a volte striato, gareggia con i variopinti Caladium delle tepenti serre. O con gli stupendi coleus che l’arte del giardiniere ha recentissimamente creati. ”. Il Corsorzio per la vendita ha predisposto una confezione in esclusiva per il Radicchio Rosso Tardivo di Treviso studiata appositamente per raggiungere il piccolo consumatore. Infatti le confezioni contengono 1 Kg di prodotto certificato nella qualità e nel calibro. Per saperne di più si può richiedere al Consorzio il volume “FIORI D’INVERNO” dedicato al Radicchio Rosso Tardivo di Treviso con 150 immagini ed illustrazioni di grande suggestione e consigli utili per gustare il suo delicatissimo sapore.

Per informazioni:
Consorzio Radicchio di Treviso
Via Scandolara, 80
31059 Zero Branco (TV)
Tel 0422/ 48.80.87
Ufficio Stampa 0422/ 938.323

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Dopo aver parlato dell’ ”aragosta dei radicchi”, quello tardivo trevigiano, presentiamo il “radicchio variegato di Castelfranco Veneto” che per la sua bellezza e per la sua delicatezza è forse il più apprezzato dai gastronomi e dai giovani.

RADICCHIO VARIEGATO DI CASTELFRANCO VENETO

L’origine del ” radicchio variegato di Castelfranco Veneto ” è sempre stata misteriosa non esistendo alcun documento ufficiale che comprovi la sua data di nascita. La storia a memoria d’uomo, che va indietro di tre generazioni, fa risalire la sua nascita nell’azienda di un certo Paron Lazzaro, che abitava in ” Campo Puppati ”, sito a Borgo Pieve di Castelfranco Veneto, dove possedeva cinque campi e in cui attuava con grande diligenza molte sperimentazioni, specie nel settore delle insalate.
Tutti gli studiosi concordano che esso derivi da un incrocio, avvenuto alla fine dell’800, fra il radicchio rosso di Treviso e l’indivia scarola e che, intorno agli anni ’34/’35, dal radicchio variegato di Castelfranco si è originato il radicchio rosso e variegato di Chioggia. Il variegato di Castelfranco prese piede come coltura di ripiego invernale, dato che nella stagione fredda il contadino aveva molto più tempo a disposizione. Inizialmente forniva alle povere mense dei contadini un alimento sicuro e gratuito o quasi e le eccedenze, vendute, garantivano una piccola fonte di guadagno.
Si spiega così il fatto che nei primi tempi veniva coltivato inframmisto all’erba medica o ad altre colture di stagione, seminato a spaglio su ”praizzole e rive scoline”.
Forzatura e imbianchimento sono le operazioni fondamentali ed insostituibili per esaltare i pregi estetici, organolettici e merceologici del radicchio variegato, realizzate ponendo i cespi in condizioni di formare nuove foglie che, in assenza di luce, sono prive o quasi di pigmenti clorofilliani, mettendo in evidenza la variegatura sullo sfondo della lamina fogliare e perdono la consistenza fibrosa, assumono croccantezza ed un sapore leggermente e gradevolmente amarognolo. Ad imbianchimento ultimato si ottiene un cespo a foglie aperte, bello di forma e splendido di colori tanto che gli sono stati attribuiti gli appellativi di ” fiore che si mangia ”. Le foglie devono essere spesse il più possibile, con bordo frastagliato, con superficie del lembo ondulata, di forma rotondeggiante, croccante al tatto, di colore bianco-crema con variegature distribuite in modo equilibrato su tutta la pagina fogliare di tinte diverse dal viola chiaro al rosso violaceo, al rosso vivo. Dal punto di vista nutrizionale è un ottimo alleato nelle diete: 100 grammi di questa verdura contengono infatti solo 26 calorie e una grande quantità di vitamine A, B1, B2, C e PP. Inoltre, l’antocianina presente nelle foglie, oltre che a conferirne il tipico colore, è una sostanza naturale che aiuta a ridurre i rischi di malattie cardiovascolari, gli infarti e l’arteriosclerosi. Un grande rilancio si sta attuando per iniziative di cuochi veneti che stanno conquistando, con il suo gradevole sapore amarognolo e per la versatilità del suo utilizzo, un pubblico attento e curioso alle novità gastronomiche.

Presentazione del Ristorante DA GIGETTO di MIANE

Miane è uno degli angoli più suggestivi della Marca Trevigiana. Protetto a Nord dalle Dolomiti, è inserito in un contesto paesaggistico e naturale tra i più belli e affascinanti della Pedemontana. Miane sa di storiche memorie, di un passato gelosamente custodito dalle sue pietre, dai suoi scorci che già affascinarono i primi Romani che giunsero quassù. Un antico riservo che Elda Ghiozzi e Gigetto (Luigi Bortolini) hanno sciolto, aprendo la loro casa ai buongustai più esigenti.
In questo piccolo paese, interprete attento di una civiltà ricca di sapori, che conserva intatte le proprie tradizioni, si trova il loro ristorante “Da Gigetto”. Il locale nasce attorno agli anni quaranta con il nome di “Locanda della Stella” per iniziativa della mamma e della nonna di Gigetto che crearono questo posto di ristoro al centro del Paese. Poi attorno agli anni ‘60 Gigetto comincia a trasformare il locale, e la piccola saletta comunicante con la cucina, è diventata nel corso degli anni, il ristorante che è tutt’oggi.
Travi ai soffitti, caminetti sempre accesi durante l’inverno, i pentoloni in rame che pendolano dal soffitto, la raccolta di strumenti musicali di un’intera banda sistemati in un vecchio muro di pietre e tantissimi fiori. Oggi “Da Gigetto” è la summa di una convivialità e di una raffinatezza tutta trevigiana, dove i segreti di una ricca tradizione gastronomica vengono svelati ogni giorno. In un’atmosfera che è scenografia di questa affascinante zona d’Italia, i menù si susseguono interpretando al meglio i sapori che ogni stagione regala alla Marca. Ed è preciso scopo del ristorante seguire e proporre al tempo stesso quei dettami che fanno della cucina un’elevata forma di civiltà. Di questo accordo con la natura del luogo Elda e Gigetto sono maestri, lontani dall’effimero, innamorati di un gusto che ogni giorno, assieme allo staff dei loro insostituibili collaboratori, fanno risplendere sulle tavole imbandite del loro ristorante. Nella cucina di Gigetto nascono i piatti che seguono la tradizione gastronomica locale, seguendo le stagioni, sfruttando le produzioni locali: il radicchio, i funghi, le erbette spontanee, la sopressa, le lumache, la cacciagione. Lo stile del ristorante da Gigetto si ritrova nell’idea che ha dato vita all’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, alla Linea Italia in Cucina e a quell’incontro di sapori di collina che sono il Cocoradicchio e il Cocofungo.

I piatti presentati da Gigetto sono sempre accompagnati da una carta di vini pregiati che egli conserva nella sua leggendaria cantina, dove un lungo pozzo originario dell’ex convento si spinge nelle tenebre della terra. Raccolte in nicchie claustrali, protette da cancellate di ferro battuto o nascoste in antichi confessionali, ci sono infatti ben oltre 1400 etichette (quante le bottiglie ?) selezionate da tutto il mondo che aspettano solo di essere degustate e perché nò, ammirate in un percorso che Gigetto ama sempre far fare ai suoi ospiti …enogastronomadi. Una Carta importante come quella di Gigetto è difficile da trovare e da paragonare. Gigetto è coadiuvato nella conduzione del locale dalla moglie Elda Ghizzo che sovra intende alla sala, in cucina dallo chef Marco Bortolini, alle P.R. dalla “mitica “Germana, e in sala da Roberto Pieri, sommelier di elevata bravura con Carlo e Corrado. Piatto del Buon Ricordo: “Muset par i dì de festa”.

Ristorante da Gigetto
via Alcide De Gasperi 4,
31050 Miane (Tv)
tel. 0039. 0438. 96 00 20
www.ristorantedagigetto.it
Chiuso il lunedì sera e il martedì
Ferie dal 2 al 15 gennaio e 20 giorni in agosto

La Guida Veronelli 2004 lo premia con “ * “

A cura di Rocco Lettieri