LA BELLISSIMA REALTÀ CALABRA
Realtà o utopia definirla la Svizzera Italiana?
“È certo la più strana delle nostre regioni.Nelle sue vaste plaghe montane talvolta non sembra d’essere nel Mezzogiorno, ma in Svizzera, nell’Alto Adige, nei paesi scandinavi.Da questo nord immaginario si salta a foreste d’ulivi, lungo coste del classico tipo mediterraneo “.
Nel “ Viaggio in Italia “, così lo scrittore vicentino Guido Piovene, descriveva la Calabria. Sebbene i raffronti siano talvolta opinabili pur tuttavia elementi oggettivi possono essere accostati per ricercare somiglianze e punti in comune specie se trattasi di fattori fisico-naturalistici legati alla conformazione del territorio e alla sua flora e fauna. Il territorio – poi – alimenta altri fenomeni, non secondari: lo spazio, i silenzi, i colori, l’atmosfera. Con questo spirito molte persone colte accostano la Sila alla Svizzera e non soltanto per le caratteristiche orografiche o botaniche che danno luogo al paesaggio o ai quadri naturalistici ma anche per ragioni antropiche: i silani come gli svizzeri sono laboriosi, sobri, tenaci, gelosi delle tradizioni e della loro indipendenza il chè li rende fieri e nel contempo rispettosi degli ospiti.
Ricercando nella letteratura in “ Lettere dalla Calabria “ di Astolphe De Custine, così scrisse sul suo viaggio: “La foresta della Sila occupa una grande distesa di montagne ed i suoi castagneti ombreggiano prati, ruscelli e circondano dei villaggi così freschi che è difficile credere che questi luoghi tanto simili agli altipiani della Svizzera si trovino alla stessa latitudine della Sicilia……”
È ancora Arthur John Strutt che nel 1840, in “Calabria e Sicilia”, scriveva a proposito di una danza albanese di Caraffa, nella Sila: “ Le donne formando un cerchio ballano intorno ad un giovanotto posto al centro e al quale indirizzano un canto selvaggio il cui ritornello è ripetuto ad ogni distico a somiglianza della “ranz de vaches”, l’adunata delle vacche nel cantone di Friburgo”.
Un simpatico scrittore svizzero, Orazio Rilliet, ufficiale medico dell’esercito borbonico, che visitò la Calabria nel 1852 così annota: “ La strada in effetti è un vero capolavoro, degna di figurare a fianco dei passaggi più famosi delle nostre alpi. Ponti arditamente costruiti, passano ad ogni istante sui profondi squarci che i torrenti hanno scavato. Nella Sila attraversiamo magnifici boschi che ci ricordano il Nord, poi vengono colline coperte di vigne con case di campagna nascoste nella verdura; si direbbe che le nostre belle ville delle sponde del Lago Lemano siano state trasportate qui. Siepi di biancospino fiancheggiano la strada e mescolano i loro profumi all’aria aperta della campagna. Bellissime le fermate sulle rive dei ruscelli all’ombra di maestose querce “.
È quindi la volta di un inglese, Norman Douglas in “Old Calabre” buon conoscitore dell’Italia, più volte viaggiatore in Calabria. È appena un riferimento ma molto denso, allusivo, in cui si profetizzò il rigoglio turistico dell’Ampollino: “Gli ottimisti vedono spuntare città sulle rive del lago Ampollino, con meravigliosi alberghi traboccanti di eleganti turisti, ville fiorite, funicolari su tutti i monti, regate e regolari servizi di vaporetti. Sul deserto sorgerà la Lucerna della Calabria. Una Lucerna calabra… Chissà!”.
Nel 1897 Luigi Vittorio Bertarelli, giovane cicloturista che diverrà presidente del TCI, percorre la Calabria da Reggio verso il Pollino. Nel suo reportage un ampio paragrafo è intitolato: “Meglio Calabria o Svizzera ? “ in cui dopo aver accostato le montagne silane allo Stelvio e al Franzhohe, passo alpino del Bernina, e ricordato chalets ed edelweiss (stelle alpine) esalta la solitudine e il senso di libertà che caratterizzano i luoghi abitati.
Anche un certo Giuseppe Isnardi si accosta al confronto. Questo ligure-piemontese severamente pervaso di eticità, innammoratissimo geografo della Calabria, annota in un brano del 1927: “I paragoni tra la Sila e le altre regioni turisticamente più note sono assai frequenti. Il più comune di tutti è quello, che tanto spesso si ascolta e si legge particolarmente in Calabria, con la Svizzera. Ma sono tutti – e quest’ultimo in special modo – paragoni che a me paiono risolversi quasi in un’offesa alla singolare, unica bellezza della Sila. La natura ha i suoi volti rari e particolari, che, pure i volti umani, possono rassomigliarsi in qualche tratto ma che non sono confondibili”.
Non mancano voci femminili, più tenere e romantiche, la polacca Kazimiera Alberti che viaggiò nel 1950 scrive nell’Anima della Calabria: “Conosco veri angoli selvaggi: in Svizzera (Julierpass) ed altrove, ma la Sila, con la sua dolcezza e la poesia del suo altipiano, con la vista enormemente estesa e meravigliosamente boscosa, con ai piedi una vegetazione quasi tropicale ed in alto la ricca flora delle foglie e degli aghi, la Sila con le sue vallate radiali in cui maturano castagni e ciliegi è unica con la sua luminosità speciale”.
Nel 1967, Bettina Seipp, scrisse un libro veramente interessante ed anche escursionistico “Kalabrein, Munchen-Zurich” e soffermandosi sul Villaggio Mancuso racconta: “La Sila è una Svizzera con il mare ! Generosa e stupefacente verità e quanto realistica!”.
Da queste testimonianze si scorgono rassomiglianze e singolarità, riferimenti e snodi tutti conducenti a celebrare il viaggio e l’ospitalità come occasioni di amicizia tra i popoli. Questa è la Sila, la grande montagna della luce, un luogo che desta emozioni e sempre motivi di visita e di soggiorno. Il Lago Passante, il Parco Naturalistico, le riserve biogenetiche, l’orto botanico, i Musei di Taverna e di Zagarise la rendono oggi ancora più suggestiva e seducente.
La cucina regionale calabra
Dal punto di vista gastronomico in Calabria si trova una cucina regionale tra le più omogenee d’Italia in quanto essendo lunga e stretta, alterna cucina marinara con cucina contadina o di montagna in un equilibrio pressoché costante in tutte le tre province. Vocata principalmente al turismo offre il meglio di quanto può dare la terra: pomodori, olive, melanzane, funghi, aranci, mandarini, cedri e ortaggi vari. Da ricordare in particolare la cipolla rossa di Tropea, conosciuta dai cuochi di tutto il mondo. Terra a vocazione prettamente marinara offre un pescato di rilievo a partire dal pesce azzurro (alici, acciughe, sarde) al tonno e al pesce spada. Conosciutissima la mùstica o rosamarina,(detto anche caviale dei poveri), bianchetti che vengono distesi al sole, su tavole di legno, ad essiccare coperti di peperoncino, poi conservati sott’olio. Il risultato è un insieme esplosivo che va spalmato sul pane o utilizzato per rinforzare particolari salse. Quasi a contrapporsi alla cucina marinara interviene in cucina di terra tutta la tradizione contadina fatta di pastorizia e di allevamenti suini. Oltre mezzo milione di pecore e capre mettono la Calabria ai primi posti, con Sardegna e Sicilia, in questo settore. Ciò significa, per logico riflesso, una gastronomia in cui prevale la carne d’agnello e di e di capretto e una grande produzione casearia. Ogni pastore, ogni contadino, ogni villaggio calabrese ha un suo pecorino. Più famoso di ogni altro è il pecorino di Crotone che fa concorrenza a quello di Zaccanopoli, presso Tropea, con un particolare formaggio detto “del poro”. La cucina cosentina risente un poco della cucina lucana e la sua massima espressione la troviamo nei primi piatti a partire dai maccaruni alla toranese, da Torano Castello, conditi con pezzetti di lardo dorati con la cipolla, per continuare con i vermicelli alla Sammartinese, da San Martino di Finita, conditi con sugo e formaggio pecorino per finire con le paste fatte in casa: i ferritielli, le recchiatelle, le lasagne. Gustosi anche i piatti di carne dei quali il più famoso è quello ottenuto con un capretto svuotato dalle interiora e ripieno di vermicelli conditi con il sugo delle interiora stesse. A Cosenza e dintorni si può gustare la cacciagione così come un tempo veniva cucinata dai cacciatori del Pollino. Si tratta di piatti a base di lepri, beccacce, quaglie e pernici. Sulla costa tirrenica cosentina gustosissimi i piatti a base di pesce, come le sarde alla cetrarese. L’entroterra cosentino è la patria dei funghi che vengono consumati in tanti modi e conservati sotto’olio. I dolci sono quelli tipici della Calabria ma i fichi secchi ripieni e coperti di cioccolato sono una cosa meravigliosa specie appena fatti, nel mese di novembre. I vini sono L’Esaro, il Savuto e il Moscato di Cosenza. Nella cucina reggina vi è una predilezione speciale per la melanzana che viene cucinata in mille modi, anche con la pasta o farcita e cotta al forno. Rinomati il tonno e il pesce spada che vengono cucinati alla griglia.
A cura di Rocco Lettieri
Commenti recenti