Terlano e Selvapiana a confronto

La CANTINA TERLANO e la FATTORIA SELVAPIANA
si sono incontrate a Villa Pitiana di Donnini (Firenze)
per una degustazione unica nel suo genere

Unica e originale, riservata ad una ristretta cerchia di amici, gourmet, giornalisti, ristoratori, è stata la cena/degustazione organizzata dalle rispettive due cantine per valutare e “controllare” lo stato di conservazione, maturazione, affinamento e abbinamento di vecchie annate di vini bianchi altoatesini della Cantina Terlano e vini rossi toscani (Chianti Riserva) della Fattoria Selvapiana di Rufina.

Raccontare Terlano e i suoi vini sta a significare vini bianchi…che fermano il tempo. Vini che si sono conquistati un posto, uno spazio unico, tra i conoscitori di vini, in questo caso bianchi da lungo invecchiamento, capaci di esprimersi dopo decine di anni. Vini intensamente aromatici, freschi, speziati, ancora fragranti, estremamente piacevoli con caratteristiche varietali e minerali uniche. La Cantina Terlano e gli enologi che si sono susseguiti, attraverso una serie di eccezionali Pinot bianco, Sauvignon, Chardonnay e Terlaner (uvaggio di tre varietĂ ) hanno mostrato una via nuova per la viticoltura credendo nel loro terroir. Qui in una conca valliva protetta ai piedi della catena montuosa dello TschĂśggelberg ad un’altezza compresa tra i 250 ed i 900 m s.l.m. si trovano infatti condizioni ideali per la crescita di vigneti che si trovano su terreni porfirici dalla peculiare colorazione rossastra. Si tratta di rocce vulcaniche con grosse inclusioni minerali, chiamate in geologia porfidi quarziferi. Lo strato superiore vivo è sabbioso e soffice e, come tale, permeabile e fortemente in grado di accumulare calore, con una quota di limo estremamente ridotta. Le particolari caratteristiche del terreno conferiscono un’impronta decisiva ai vini di Terlano e l’alto contenuto di minerali dei terreni dona ai vini una nota minerale assolutamente particolare ed è corresponsabile della loro straordinaria longevitĂ . L’orientamento verso sud garantisce una forte insolazione con condizioni quasi mediterranee. Le vinificazioni in acciaio e poi la maturazione in grandi botti di rovere di Slavonia hanno sfidato la legge del tempo, producendo vini di forte personalitĂ , eleganza e armonia, lasciati pazientemente a maturare per durare nel tempo.

Con la stessa filosofia produttiva, la Casa Vinicola Fattoria di Selvapiana, situata nel cuore della Rufina, alle porte di Firenze, luogo privilegiato di villeggiatura dei vescovi della città di Dante, ha accumulato negli anni una lunga serie di Chianti destinati alle Riserve. L’enologo Franco Bernabei, ha fatto conoscere i vini importanti di questa azienda che ha sempre creduto nella potenzialità del territorio, nel vitigno Sangiovese e nella maturazione in grandi botti. Ed è proprio in quest’ottica di confronto che si è organizzata questa manifestazione a Villa Pitiana, antico monastero, immerso in uno scenario naturale di rara bellezza, luogo anche di cultura enogastronomica. Roberto Focardi, direttore/patron e Claudio Vignali, chef, interpretano splendidamente una cucina di territorio, rivisitandola con la stagionalità dei prodotti.

Storia e tradizione quindi si sono incontrati, binomio inscindibile di continuitĂ . Difficile la scelta di un menu che doveva tener testa contemporaneamente ad un vino bianco ed un vino rosso con un carico di anni non indifferenti.

Si è iniziato con un “Caciucco di cece rosa profumato al dragoncello con medaglioni di pescatrice”, in abbinamento a Pinot Bianco di Terlano 1959 e Chianti Rufina Riserva Selvapiana 1958. Un bianco (imbottigliato nel 1960) dal colore oro antico, lucido e brillante, evoluto ma non stramaturo, con sentori di frutta esotica, crosta di pane bruciato, mandorle tostate; in bocca ancora fresco, strutturato, grasso quasi burroso, sapido, polposo, minerale, che ad ogni giro di bicchiere offriva sensazioni diverse. Un grandissimo vino. Il Rosso Riserva ’58, non era da meno: rosso rubino con riflessi granata, unghia viva, naso di impatto selvatico, appena catramoso, con forte sentore di ciliegie sotto spirito e finale balsamico; in bocca ancora leggermente astringente, con buona tannicità, ancora fresco e dotata di una struttura e un’acidità unica. Un pari senz’ombra di dubbio.

Secondo piatto: “Cappelletti scuri ripieni di piccione con salsa leggera al tartufo marzola e petto di piccione” con Terlaner (Pinot bianco, Chardonay e Sauvignon) 1966 e Chianti Rufina Riserva 1965. Il bianco ancora una volta si è presentato con colore oro antico brillante e lucido; al naso immediatamente mielato, ha fatto seguito un effluvio di camomilla, albicocca, mela cotogna, frutta candita, vaniglia, mandarini, scorza di arancio e anice stellato; in bocca offriva freschezza, sapida armonia, gusto di pan brioche, panettone candito, cioccolato bianco con finale sulle note burrose e di mandorla. Il vino rosso si presentava con colore rubino leggermente scarico, unghia chiara; al naso evidenti sentori di cuoio che si chiudevano con bella freschezza balsamica, sulle note di china e tamarindo; in bocca l’impatto era di vino asciutto, un pò magro, ancora astringente, con tannini non duri di media consistenza, così pure nel retrogusto. Un punto a favore del bianco.

Terzo servizio: “Millefoglie di coniglio su letto di patata fritta con bietola profumata al rosmarino” con Terlaner Sauvignon 1979 e Chianti Riserva Bucerchiale 1979. Sfida tra annata identica. Vino bianco dal colore giallo carico con riflessi dorati, brillante. Naso con percettibili sentori di petali di rosa, fine ed elegante con profumi di fiore di sambuco, foglia di pomodoro verde, con grande mineralità. Bocca di grandissimo spessore e rispondenza con il naso, fresco, sapido, aromatico, caldo con finale minerale e lunga persistenza. Il Bucerchiale si presentava con colore rosso rubino violaceo, con naso floreale di viola, mora, gelso e finale appena speziato. In bocca si avvertiva una bella acidità che sosteneva un’ottima carica di tannini morbidi per un giusto equilibrio; bella la persistenza retrogustativa. Ancora un pari.

Ultimo piatto: “Filetto di manzo bardato con lardo di Colonnata, purè di porri, pinoli tostati e scalogni al sale” con in abbinamento Pinot Bianco di Terlano 1983 e con Chianti Rufina Riserva Selvapiana 1985. Bianco dal colore giallo paglierino con riflessi verdognoli; naso fine ed elegante, floreale di iris, mimosa, ginestra, limoncella, ananas e pesca a polpa bianca. In bocca si presenta fresco con bella acidità, con gusti tropicali (mango, papaja), scorza di cedro e lunga persistenza sulle note minerali di pietra focaia. Il rosso vira al cambiamento di produzione: colore rosso rubino carico con riflessi violacei; naso di piccoli frutti (mora, mirtillo, ribes nero) con finale speziato di pepe nero. Bocca di bell’armonia acido/tannica, bella potenza e struttura, fruttato di prugna con finale di spezie nobili (liquirizia, caffè, cacao amaro). Una leggera preferenza al bianco per la finezza e la freschezza.

Dessert di chiusura: “Soufflé rovesciato al cioccolato amaro con salsa di scorrette d’arancio e mantecato al doppio cioccolato” con Vin Santo toscano di Selvapiana.

Commento finale di Franco Bernabei: “Troppi errori sono stati fatti nel vino. Troppi errori e troppi cambiamenti. Per fortuna il tempo passa, ma il vino resta”. Non si poteva certamente dargli torto.

A cura di Rocco Lettieri