La stupenda Villa Pitiana di Donnini-Reggello (Firenze)

VILLA PITIANA

A soli 25 minuti da Firenze vi accoglie in un ambiente incontaminato immerso nel verde e nella storia. Un antico monastero del 1200 ampliato a villa con arredi che rimandano allo splendore dei tempi passati.

Villa Pitiana si trova a 430 mt sul livello del mare e con la sua poderosa struttura divide gli ultimi ulivi del Valdarno dal secolare arboreto di Vallombrosa. Nella metà del 1200 Pitiana, per la sua posizione strategica, fu al centro degli scontri fra Guelfi e Ghibellini fiorentini. All’epoca le fattorie fortificate erano opere architettoniche studiate, non frutto di improvvisazione accettabile invece per le case coloniche; la villa rispecchiava il decoro o il censo del proprietario e progetti o restauri venivano affidati ai migliori architetti ed ingegneri. Gli investimenti immobiliari in questo settore erano talmente importanti, che persino Leon Battista Alberti, dedica nei dieci libri del De Re Aedificatoria, un ampio spazio all’architettura e alla logistica di questi edifici specificando luoghi e funzioni per ogni necessità del proprietario in maniera così dettagliata da restare il punto di riferimento architettonico-funzionale fino alla fine del 1700. La parte più antica di Villa Pitiana è certamente una “casa da signore” – così chiamate queste costruzioni fortificate, caratterizzate dalla presenza di un’alta torre, non diversa dalle case-torri di S. Gimignano. Villa Pitiana è fornita di una massiccia torre rettangolare e di due cortili, uno più piccolo in comunicazione con la parte ottocentesca, l’altro, collegato al primo per un passaggio arcuato, caratterizzato da un porticato che gira su due lati. Il porticato è sorretto da pilastri ottagonali con capitelli cubici scantonati, che reggono archi a pieno sesto.

Dal secolo XV al XVII, l’agricoltura toscana attraversa uno dei suoi momenti più oscuri. Il potere politico ormai controllato da mercanti e banchieri sostiene le attività commerciali a danno delle agricole. L’interesse dei nuovi signori non è rivolto alla produttività della terra ma si esprime in termini di piacere e ostentazione del lusso. Le fattorie fortificate diventano grandiose ville e dimore storiche, gli architetti studiano anche i giardini e il terreno intorno alla villa diviene luogo di memorabili battute di caccia. Pitiana a giusto titolo fa parte di questo Rinascimento, nel 1610, fu aggiunta l’ala posteriore, con la facciata a tre piani. Benché questa parte inglobi, in basso, anche le vecchie cantine, mostra la nuova funzione avvicinandosi al luogo di soggiorno per i monaci di Vallombrosa. Nel XVIII secolo, come testimoniano le date poste su due portali, furono arrecate modifiche di minore entità. Altri lavori furono eseguiti dal 1897 sino al 1931.
Oggi troviamo 21 camere doppie, 30 appartamenti e 8 suites. Inoltre accoglienti saloni per meeting e congressi, una vasta biblioteca, un raffinato ristorante, una grande piscina nel verde di piante secolari. Il team, che attualmente gestisce Villa Pitiana, nasce nei primi anni novanta, grazie ad un incontro fortuito tra Roberto Focardi e Claudio Vignali, gli attuali general manager ed executive chef. Quegli anni vedevano Roberto Focardi direttore di sala in ristoranti gourmet tra Toscana, Costa Smeralda e Stati Uniti, esperienze che lo porteranno ad approfondire e di conseguenza a “miscelare” le sue conoscenze nel campo enogastronomico. Al ritorno in Toscana inizia una collaborazione con Villa Pitiana, dove conoscerà Claudio Vignali. Uscito da pochi anni dalla scuola alberghiera, Claudio era in quegli anni un accanito sostenitore della cucina tipica e tradizionale, ed in questa direzione aveva approfondito le sue conoscenze dopo l’esperienza scolastica. L’alta stima professionale reciproca in primis e un forte legame d’amicizia poi, permetterà ai due di creare in ben poco tempo un affiatato “team” di ricerca, che dal 1999 inizia a gestire direttamente il Ristorante di Villa Pitiana. Negli anni è stata effettuata una rigorosa selezione dei fornitori di materie prime (formaggi di Lozzole, salumi del Casentino, legumi e pollame del Valdarno, chianina di produzione locale e tanti altri ancora) e sono stati creati degli spazi di produzione propri (orto delle erbe aromatiche, orto delle primizie) nonché linee di produzione in quantità limitata (marmellate, zuppe, sottoli, conserve tutti rigorosamente biologici) destinati al consumo interno ed alla propria clientela.

A disposizione del cliente troviamo, oltre al menù à la carte ed ai menù degustazione che cambiano ogni 3 settimane per seguire la stagionalità dei prodotti, una vastissima carta dei vini e distillati che copre il meglio della produzione mondiale (sempre con occhio di riguardo per il territorio), la carta delle acque, quella dell’olio, dei caffè e dei sigari; una serie innumerevole di proposte, inoltre, attende l’ospite nell’area bar durante l’ora dell’aperitivo e per finire nel meglio dei modi una serata al Ristorante Villa Pitiana che, provare per credere, non sarà mai una “serata qualunque”.

La cantina del Ristorante Villa Pitiana, ha aperto le porte alla clientela nell’anno 2003. Ospitata nella parte più antica della Villa, è stata progettata nel pieno rispetto delle strutture architettoniche preesistenti ma con occhio attento alle nuove tecnologie che permettono una ottimale conservazione dei prodotti. Esiste una carta dei vini che riunisce il meglio della produzione vitivinicola internazionale. Qui si programmano “degustazioni guidate” e degustazioni personalizzate dove gli ospiti possono dilettarsi nell’abbinamento dei vari prodotti a loro piacimento, anche aiutati e coadiuvati da esperti collaboratori. Tra i ricordi di una visita, questi alcuni piatti: “Sformatine di baccelli e pecorino con sorbetto alle pere profumato al rosmarino e pepe nero”; “Stracci verdi al ragù bianco di cinghiale e bacche di ginepro”; “Gnocchi di melanzane con filetti di pomodoro all’origano fresco e scaglie di ricotta al forno”; “Baccalà croccante in guazzetto di pomodoro e bietola”; “Faraona alla moda toscana con salsa al Vinsanto”; “Soufflè al cioccolato con coulis d’agrumi e gelato al croccante”. Un’esperienza da suggerire ai nostri lettori.

VILLA PITIANA
Via Provinciale per Tosi, 7
50060 DONNINI – Reggello (Firenze)
Tel. 0039.055 860259
Fax 0039.055. 860326
pitiana@villapitiana.com
www.villapitiana.com

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Degustando

a cura di Rocco Lettieri

La CANTINA TERLANO e la FATTORIA SELVAPIANA
si sono incontrate a Villa Pitiana di Donnini (Firenze)
per una degustazione unica nel suo genere

Unica e originale, riservata ad una ristretta cerchia di amici, gourmet, giornalisti, ristoratori, è stata la cena/degustazione organizzata dalle rispettive due cantine per valutare e “controllare” lo stato di conservazione, maturazione, affinamento e abbinamento di vecchie annate di vini bianchi altoatesini della Cantina Terlano e vini rossi toscani (Chianti Riserva) della Fattoria Selvapiana di Rufina.

Raccontare Terlano e i suoi vini sta a significare vini bianchi…che fermano il tempo. Vini che si sono conquistati un posto, uno spazio unico, tra i conoscitori di vini, in questo caso bianchi da lungo invecchiamento, capaci di esprimersi dopo decine di anni. Vini intensamente aromatici, freschi, speziati, ancora fragranti, estremamente piacevoli con caratteristiche varietali e minerali uniche. Con la stessa filosofia produttiva, la Casa Vinicola Fattoria di Selvapiana, ha accumulato negli anni una lunga serie di Chianti destinati alle Riserve. L’enologo Franco Bernabei, ha fatto conoscere i vini importanti di questa azienda che ha sempre creduto nella potenzialità del territorio, nel vitigno Sangiovese e nella maturazione in grandi botti. Ed è proprio in quest’ottica di confronto che si è organizzata questa manifestazione a Villa Pitiana. Storia e tradizione quindi si sono incontrati, binomio inscindibile di continuità. Difficile la scelta di un menu che doveva tener testa contemporaneamente ad un vino bianco ed un vino rosso con un carico di anni non indifferenti.
Si è iniziato con un “Caciucco di cece rosa profumato al dragoncello con medaglioni di pescatrice”, in abbinamento a Pinot Bianco di Terlano 1959 e Chianti Rufina Riserva Selvapiana 1958. Un bianco dal colore oro antico, evoluto ma non stramaturo, con sentori di frutta esotica, mandorle tostate; in bocca ancora fresco, strutturato, polposo, minerale, che ad ogni giro di bicchiere offriva sensazioni diverse. Un grandissimo vino. Il Rosso Riserva ’58, non era da meno: rosso rubino con riflessi granata, naso appena catramoso, con forte sentore di ciliegie sotto spirito e finale balsamico.
Secondo piatto: “Cappelletti scuri ripieni di piccione con salsa leggera al tartufo marzola e petto di piccione” con Terlaner (Pinot bianco, Chardonay e Sauvignon) 1966 e Chianti Rufina Riserva 1965. Il bianco ancora una volta si è presentato con colore oro antico brillante e lucido; al naso molto mielato con sentori di camomilla, albicocca, mela cotogna, e anice stellato. Il vino rosso si presentava scarico, unghia chiara con sentori di cuoio che si chiudevano sulle note di china e tamarindo. Un punto a favore del bianco.

Terzo servizio: “Millefoglie di coniglio su letto di patata fritta con bietola profumata al rosmarino” con Terlaner Sauvignon 1979 e Chianti Riserva Bucerchiale 1979. Sfida tra annata identica. Un pari senza commenti.

Ultimo piatto: “Filetto di manzo bardato con lardo di Colonnata, purè di porri, pinoli tostati e scalogni al sale” con Pinot Bianco di Terlano 1983 e Chianti Rufina Riserva Selvapiana 1985. Bianco giallo paglierino con riflessi verdognoli; naso floreale di iris, mimosa, ginestra, limoncella; in bocca una bella acidità, con gusti tropicali (mango, papaja), scorza di cedro e lunga persistenza sulle note minerali di pietra focaia. Il rosso vira al cambiamento di produzione: colore rosso rubino carico con riflessi violacei; naso di piccoli frutti (mora, mirtillo, ribes nero) con finale speziato di pepe nero. Bocca di bell’armonia acido/tannica, bella potenza e struttura, fruttato di prugna con finale di spezie nobili (liquirizia, caffè, cacao amaro). Una leggera preferenza al bianco per la finezza e la freschezza.

Commento finale di Franco Bernabei: “Troppi errori sono stati fatti nel vino. Troppi errori e troppi cambiamenti. Per fortuna il tempo passa, ma il vino resta”. Non si poteva certamente dargli torto.

Articolo già pubblicato sulla Rivista GALATEA di maggio 2005