Valpolicella, non solo AMARONE – a Lugano

Valpolicella, non solo AMARONE

20 Settembre 2023 – Hotel Splendid Royal – Lugano

Organizzato dalla ASSP in collaborazione con la Rivista VINUM e con il Consorzio Tutela Vini Valpolicella, si è tenuta una Masteclass presentata e condotta dalla Presidente Anna Valli, di 8 vini:

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG

La Cantina dei Ciliegi – 2019

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG –                 Cantine di Verona – 2018 – Torre del Falasco

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG –                 Monte Tondo – 2018 –

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG CLASSICO –   Boscaini Carlo – 2017 – San Giorgio

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG CLASSICO –   Le Bignele – 2016

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG CLASSICO –   Torre di Verzolan – 2016 

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG CLASSICO –   Rubinelli Vajol – 2015

AMARONE DELLA VALPOLICELLA DOCG CLASSICO –   Valentina Cubi – 2013 – Morar

E alla fine una degustazione libera con i produttori, di altri 8 vini della Valpolicella Classico DOC (Boscaini Carlo 2022 e Le Bignele 2022) e della Valpolicella Classico DOC Superiore (Cantine di Verona 2021, Monte Tondo 2021, La Collina dei Ciliegi 2019, Rubinelli Vajol 2019, Valentina Cubi 2018 e Terre di Torzolan 2018).

La storia dei vini della Valpolicella e dell’Amarone è stata brillantemente tenuta, con l’ausilio di diapositive, molto eloquenti, da Anna Valli, presente anche il Presidente Nazionale ASSP della Svizzera: Piero Tenca, in una sala completa, con al servizio 6 sommeliers professionisti ticinesi.

Scoprire La Valpolicella e l’Amarore è difficile perché a voler vedere è l’Amarone che trascina tutto il comparto DOC e DOCG di questa meravigliosa area del Veneto, a destra del Lago di Garda.

 

Vediamo un pò la storia:

L’Amarone è un vino che deve le sue origini alla provincia di Verona, più precisamente nella zona della Valpolicella, dove ottiene il riconoscimento DOCG della Valpolicella. È una bottiglia composta da vitigni storici della zona: il Rondinella, Molinara e Corvina Veronese che in alcuni casi quest’ultimo viene sostituito dal Corvinone. I racconti locali, quindi l’inizio della storia, vogliono che risalga all’annata del 1936, dal capo cantina della Cantina Sociale Valpolicella, Adelino Lucchese, il quale decise di assaggiare il contenuto di una botte di Recioto dimenticata in cantina, stupito dalla consistenza e dal gusto del vino che esclamò: “Questo non è un Amaro, è un Amarone“. 

Per via di questa scoperta del tutto casuale si pensa sia nata una delle eccellenze italiane più apprezzate in tutto il mondo. In realtà negli ultimi anni il Consorzio di Tutela smentisce questa storia, affermando che un prodotto come l’Amarone è improbabile che possa nascere da avvenimenti del tutto casuali, ma anzi, da processi evolutivi lenti e rigorosi che hanno permesso ad uno sviluppo graduale del prodotto negli anni, ma nonostante questo nella zona della Valpolicella e nelle zone limitrofe si continua a raccontare la storia di Adelino Lucchese.

L’Amarone della Valpolicella è una bottiglia che accompagna al meglio la cucina invernale e pietanze come spezzatini, arrosti, selvaggina o brasati, in modo da esprimere al meglio le qualità del prodotto. Eccezionale anche l’accoppiamento con primi piatti a base di risotto, pappardelle, fegatini, pasta e fagioli. Nonostante sia un ottimo vino da affiancare, è possibile anche degustarlo da sé, infatti è considerato uno dei più famosi vini da meditazione.

Ritornando alla Valpolicella è una Denominazione che negli ultimi anni ha saputo passare attraverso cambiamenti strutturali e di mercato aumentando il proprio prestigio internazionale. Molta parte del successo della Denominazione è insita nella sua storia produttiva, fortemente legata ai suoi vitigni autoctoni: Corvina, Corvinone, Rondinella e altre varietà autoctone minori, che danno un’impronta inconfondibile e inimitabile a tutte le tipologie di vino previste nel disciplinare: Valpolicella, Valpolicella Ripasso, Amarone della Valpolicella e Recioto della Valpolicella.

 

La degustazione degli Amarone:

Per molto tempo si è parlato che l’Amarone è un vino omologato, sono tutti ricchi di alcol, ricchi di tannini paciosi, vellutati, potenti, di difficile abbinamento, quasi vini da meditazione più che vini da portarsi in tavola con carni di selvaggina e formaggi duri e stravecchi. Per fortuna da una decina di anni qualcosa è cambiato e l’Amarone ora lo troviamo sugli scaffali del mondo intero come vino che può accompagnarsi a primi piatti di carne e a piatti di diverse cotture, dai brasati allo spezzatino, dalle bistecche tipo Fiorentina agli arrosti al forno. Viene anche suggerito come vino da meditazione.

I vini presentati meriterebbero molto più spazio di quello che abbiamo. Dico subito che tra i nomi di produttori altisonanti e/o storici c’erano Amarone di alcune cantine che ai più risultavano meno conosciute. La qualità servita nei calici però era quasi equiparabile se non fosse stata l’annata a dire quale era la bottiglia con più piacevolezza di beva.

Non volendo invadere un campo che nel passato mi apparteneva (Guida Veronelli) lascio un mio pensiero su questo importante vino che dovrebbe avere un colore granato carico con riflessi violacei intensi. Al naso sentori principalmente fruttati (mora, ribes, mirtilli) e di confettura di prugna a cui si accompagnano note speziate con finale di liquirizia e tabacco. All’assaggio è ricco, caldo, morbido, rotondo, ben equilibrato nei tannini presenti ma levigati; il finale è persistente con polpa setosa e cioccolato mentolato con note speziate di nocciole tostate e tostatura di fondi di caffè.

La mia personale piacevolezza è andata a ritroso, l’ultimo si è posizionato al primo posto: Valentina Cubi 2013, a seguire Le Bignele 2016, Boscaini San Giorgio 2017 per chiudere con una cantina storica, la Cantina di Verona con Torre del Falasco 2018. 

La degustazione in piedi

Nel titolo è insito quanto si voleva dimostrare: la Valpolicella vive anche di suoi vini DOC: Classico e Classico Superiore. In una degustazione professionale il Superiore dovrebbe avere delle caratteristiche più importanti ma non vanno sottovalutati quelli Classici perché è il produttore a poterne fare la differenza.

E quando si ha l’opportunità di partire con un Valpolicella Classico DOC di Boscaini Carlo, si ha la riprova di quanto detto sopra. L’azienda si trova a Sant’Ambrogio di Valpolicella, a pochi chilometri dal lago di Garda e dal fiume Adige. In lontananza a dominare questo paesaggio è la magnifica collina della Grola, che sorge tra le più belle colline di Verona, tra l’Adige e i monti Lessini e che saluta i circostanti vigneti, specchiandosi nelle acque profonde del Lago di Garda. 14 gli ettari vitati di proprietà, terza generazione, a gestione familiare che alla fine degli anni ‘40 del secolo scorso, investirono in queste terre i loro sogni e che oggi ne raccolgono i risultati. La produzione rispecchia la classicità della Valpolicella, in cui i vini sono prodotti con uve rosse autoctone e riflettono quell’espressione pura dei cinque vigneti da cui vengono prodotti. Dal vigneto Cà Bussin è arrivato il Valpolicella Doc Classico 2022 di grande eleganza, identità e carattere in grado di reggere qualsiasi altro vino.

Gli spazi non permettono di raccontare gli altri 7 vini ma nella mia scaletta di degustazione personale, ai primi quattro posti figurano i seguenti: Valpolicella Classico DOC Boscaini Carlo 2022; Valpolicella Classico DOC Superiore Monte Tondo 2021; Valpolicella Classico DOC Superiore La Collina dei Ciliegi 2019; Valpolicella Classico DOC Superiore Valentina Cubi 2018.

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Nota di chiusura positiva per la Valpolicella:

Dal 25 Agosto 2023, l’Italia può vantare il secondo Master Wine: Andrea Lonardi, Vice presidente del Consorzio Valpolicella, un successo individuale che porterà beneficio a tutta la Valpolicella. Lo ha confermato il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini, a commento della nomina di Andrea Lonardi, ufficializzata dall’Institute of Masters of Wine di Londra. “Oltre a rappresentare un autentico talento proveniente dalla Valpolicella – ha aggiunto Marchesini – Lonardi è da tempo profondo studioso di un territorio e di un tessuto produttivo che come lui si distingue per perseveranza e determinazione”. Andrea Lonardi è il secondo master of wine italiano e fa parte di una ristretta cerchia di super esperti nel mondo insigniti del titolo dall’Institute of Masters of Wine di Londra, dal 1955 autentico think tank del vino in grado di influire sulle strategie commerciali globali del settore. Nato nel cuore della Valpolicella, a Negrar, nel 1974, Andrea Lonardi ha coltivato la sua passione per il mondo vinicolo conseguendo una laurea in Agraria presso l’Università di Bologna. Il suo percorso formativo è stato arricchito da un Master in Controllo di Gestione per realtà agroindustriali ottenuto presso la prestigiosa Grande École di Montpellier (ENSAM) e da un tirocinio con la Washington State University. Ulteriori perfezionamenti sono stati ottenuti attraverso stage formativi in regioni vinicole di rilevanza internazionale, come il Languedoc e Sonoma. Dopo un inizio di carriera focalizzato su marketing e vendite, nel 2012 Lonardi assume il ruolo di Chief Operating Officer all’interno della Bertani Domains, che in seguito diverrà Angelini Wine & Estate.

 

A cura di Rocco Lettieri