Accademia Nazionale di Agricoltura – Gli OGM

PIANTE TRANSGENICHE IN FRUTTICOLTURA: VANTAGGI E DUBBI.

A BOLOGNA UNA CONFERENZA SUGLI OGM.

Al solo pronunciare la ‘sigla’ OGM (Organismi Geneticamente Modificati) molti consumatori sono percorsi da un ‘brivido’ di inquietudine… E’ un problema molto sentito dall’opinione pubblica, ma spesso non c’è sufficiente chiarezza al riguardo. Per questo l’Accademia Nazionale di Agricoltura ha invitato a Bologna il prof. Carlo Fideghelli, direttore dell’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, per una conferenza su “Le piante transgeniche in frutticoltura”. Quali sono i vantaggi dell’ingegneria genetica? Quali le controindicazioni, i dubbi, le perplessità, i pericoli? Mangeremo frutti mostruosi e portatori di allergie e altri problemi sanitari? O mangeremo, semplicemente, frutta più buona e, soprattutto, più sana?

Cos’è OGM

Prima di tutto, che cos’è un OGM: il D.L. 224 dell’8 Luglio 2003 definisce un OGM l’organismo ospite in cui è stata effettuata “l’incorporazione di molecole di acido nucleico che non vi compaiono per natura”. Ebbene, puntualizza Fideghelli, “la trasformazione genetica avviene da sempre anche in natura, ma con tempi molto più lunghi. Con gli OGM il salto temporale è invece rapido; ed è forse questo che suscita le polemiche….”. La prima pianta transgenica fu ottenuta nel 1988 nell’università californiana di Davis. E oggi nel mondo le coltivazioni di OGM superano i 70 milioni di ettari e sono in aumento; la soia transgenica copre da sola il 60% della produzione. Nel 75% dei casi si tratta del gene resistente agli erbicidi, nel 17% di quello resistente ai lepidotteri. Papaia e banana transgeniche, coltivate in alcuni paesi, sono le uniche due specie trasformate con l’obiettivo della resistenza ai virus”, ha aggiunto Fideghelli.

Le riserve

Fideghelli ha riassunto le ‘riserve’ principali sugli OGM. Esse sono di varia natura: prima di tutto etiche, in quanto si pensa che utilizzando gli OGM si “mescolino” regni diversi, vegetale e animale. Cosa che però non corrisponde esattamente alla pratica dell’ingegneria genetica, che opera invece con transgeni in qualche modo sempre compatibili con l’organismo ospite. Vi sono poi perplessità in materia sanitaria, in merito agli allergeni e alle resistenze agli antibiotici che si potrebbero sviluppare. Altra riserva è quella dell’impatto ambientale: in alcuni casi è aumentato l’uso dei diserbanti, anche se è da sottolineare che nelle coltivazioni transgeniche è diminuito l’uso degli insetticidi. Altra problematica riguarda il flusso genico, ovvero il timore del passaggio del transgene, attraverso il polline, da piante transgeniche a piante spontanee.
Ma la nota più dolente, in realtà, è di natura socio-economica: riguarda la brevettabilità delle varietà transgeniche. “I brevetti – osserva il prof. Fideghelli – sono in mano ai privati che possono influenzare a loro vantaggio il mercato vendendo ai produttori agricoli una determinata varietà, ma anche i diserbanti che funzionano per quella varietà, con tutte le speculazioni economiche che ne conseguono.

I vantaggi

Il prof. Fideghelli, nella sua lettura tenuta all’Accademia Nazionale di Agricoltura, ha fatto poi una panoramica sui vantaggi della trasformazione genetica: innanzitutto si può modificare un solo carattere, mantenendo inalterate le caratteristiche positive della pianta (esempio: per il melo la malattia peggiore è la ticchiolatura, con gli OGM si può creare una varietà resistente a questa malattia ma che mantiene invariate tutte le peculiarità positive, come colore, forma, sapore ecc.). Il controllo dei virus è l’altro grande vantaggio: non c’è possibilità di lotta chimica contro i virus in agricoltura, ma con l’ingegneria genetica è possibile creare varietà di piante resistenti a questi famigerati nemici. Altra opportunità è quella di migliorare il valore nutrizionale di alcuni cibi (per esempio, cereali con maggiori proteine utili per i paesi con diete povere). Si può poi migliorare la serbevolezza della frutta, la resistenza alla siccità e alla salinità ecc. Ancora, altro vantaggio è la possibile diminuzione dell’uso di antiparassitari.

La ricerca va avanti

E’ di questi giorni la notizia che Bruxelles ha dato l’ok per la coltivazione di una varietà di mais transgenico nei 25 paesi della Comunità. “Si tratta di un grande passo avanti per l’Europa”, dice Fideghelli. Per quanto riguarda l’Italia la posizione degli ultimi governi è stata nettamente contraria agli OGM e questo ha fortemente frenato l’attività di ricerca e lo sviluppo del comparto. Ciononostante, l’Italia, almeno per le piante da frutto, è stata piuttosto attiva e copre da sola circa la metà delle costituzioni transgeniche che risultano ufficialmente autorizzate dall’ U.E. per prove di campo (cioè coltivazioni per la sperimentazione in zone determinate e recintate). Le specie sono l’actinidia, il ciliegio, la fragola, il lampone, l’olivo e la vite, ottenute in parte dall’Università della Tuscia e in parte dall’Università di Ancona. Molto attiva è anche l’Università di Bologna.
Diverse altre istituzioni italiane sono, comunque, impegnate in ricerche sulla trasformazione genetica delle piante arboree da frutto: l’Università di Verona, l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma, Università di Pisa, il C.N.R. di Montelibretti (RM), Università di Catania.

Conclusioni

La posizione politica dell’Europa comunque non è certo stata favorevole all’utilizzo degli OGM. Di conseguenza lo studio non è stato finanziato adeguatamente. Il sistema di ricerca europeo ha perso competitività rispetto a quello americano o asiatico. L’ingegneria genetica, però, ha enormi possibilità, anche se nelle piante da frutto in particolare, a causa della complessità della struttura genica, è da considerare con attenzione il problema dell’espressione genica e della sua stabilità nel tempo. Auspicando ulteriori passi avanti nella ricerca, il prof. Fideghelli rileva che per ridurre l’impatto negativo degli OGM sull’opinione pubblica bisogna continuare a sviluppare nuove tecniche per isolare il tratto di DNA che contiene il solo gene desiderato, anzichè una ‘regione’ più ampia portatrice di altri geni. In questo modo diminuirebbero rischi e dubbi.

Il Prof. Fideghelli ha altresì concluso ponendo l’accento sulla ‘scarsa eticità’ della legge sui brevetti, che mette in mano ai privati il risultato della ricerca pubblica.

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