Verticale di Vecchie Vigne di Roncùs

Roncùs:
eccellenza friulana

Marco Perco è il titolare dell’azienda Roncùs di Capriva del Friuli, nel Collio, che la fondò nel 1985, confidando nelle grandi possibilità del territorio con l’obiettivo di interpretarlo al meglio. Nel 2001 l’azienda si è rinnovata con l’ingresso di Gabriella De Marco al fine di distribuire compiti e funzioni all’interno delle famiglie con lo scopo di ottimizzare la crescita. L’azienda subito si pose come obbiettivo il costante miglioramento nell’interpretazione delle caratteristiche originarie del territorio e dei suoi vitigni; una viticoltura rustica e una vinificazione attenta a non snaturare l’identità sono state le basi di lavoro su cui Roncùs si è impegnata. E i risultati non sono mancati. Il vino Roncùs Bianco Vecchie Vigne, proveniente appunto da vigne di oltre i 40 anni e vinificato in botti da 20 ettolitri e poi maturato per 4 anni in cantina è stato premiato dalla Rivista inglese Decanter come “miglior vino bianco del vecchio mondo” ed ha ricevuto i Tre Bicchieri del Gambero Rosso 2005. L’Enoteca Serenissima di Gradisca d’Isonzo ha voluto per questi premi organizzare con la Federazione regionale dei Consorzi Doc, una degustazione verticale del “Vecchie Vigne” delle quattro vendemmie, dal 2002 al 1999.

Adriano Gigante, presidente della FEDERDOC FRIULI VENEZIA GIULIA, ha spiegato nell’introduzione ai lavori che l’incontro sarà il primo di una serie di analoghi eventi organizzati per ringraziare chi, puntando all’eccellenza della propria produzione, fa promozione per il territorio e il comparto vitivinicolo regionale. Questo affinché si possa far conoscere alla stampa specializzata e agli addetti ai lavori alcuni “gioielli enologici”, elogiati e premiati in diverse parti del mondo, che testimoniano la qualità raggiunta dalla produzione regionale. Un progetto che coinvolgerà le testate specializzate di settore, mediante le quali si punterà ad acquisire visibilità anche nei maggiori appuntamenti fieristici nazionali e internazionali, nel contesto di una promozione unitaria della produzione vitivinicola regionale sostenuta da Federdoc.

La metodologia di lavoro di Roncùs è diventata anche oggetto di studio da parte dell’ateneo udinese. Infatti i laboratori del dipartimento di scienze degli alimenti analizzano costantemente la produzione dell’azienda Roncus, in un progetto coordinato dal professor Roberto Zironi che ha affermato come “…i grandi vini si fanno da viti con oltre venti anni di età, addirittura secolari…. Monitorare il territorio è essenziale. Il mercato si sta stringendo. Il vino prima era sempre un uvaggio, da vitigni autoctoni, senza problemi e non veniva venduto troppo giovane. Distruggere un patrimonio per portare al Vinitaly un vino nuovo è un suicidio oltre che un’idiozia”.

I vini sono stati commentati dall’enologo Giovanni Colugnati. Siccome il vino matura in grandi botti di legno e in vasche d’acciaio per tre anni, le ultime due vendemmie (2001 e 2002) saranno poste in commercio rispettivamente alla fine del 2004 e del 2005. In particolare, dalla raccolta 2002 il “Vecchie Vigne” riporterà in etichetta il nome “Collio bianco”, con evidente soddisfazione del presidente della zona a Doc Collio, Marco Felluga, che nel complimentarsi con i titolari della Roncùs ha colto l’occasione per ribadire l’importanza di una visione unitaria degli obiettivi da perseguire nella promozione vitivinicola regionale, a partire da una denominazione comune fortemente caratterizzata dal territorio. La degustazione è stata dunque l’occasione per un dibattito, in cui gli operatori hanno chiesto alle istituzioni di “fare sapere” il livello qualitativo raggiunto dalla produzione in Friuli, che non si limita ad ottimi vini bianchi “giovani”, ma che può conseguire eccellenti risultati anche da processi di invecchiamento.

Dalle parole di Marco Perco: “….per noi, affinché il vino sia eccellente, non basta che sia molto buono per il naso e la gola. Questa è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Perché l’eccellenza sia soddisfatta, il vino deve portare con se valori culturali che appartengono all’uomo che lavora, che organizza, che si impegna nell’ambiente in cui vive (il territorio), e il tutto che serva da stimolo per il consumatore per accrescere il livello di conoscenza tramite i piacevoli stimoli sensoriali conferiti dal prodotto vino. Vino inteso come messaggero di qualcosa e di qualcuno. Alla base di questo nostro vino di territorio, prodotto di viticoltura rustica, risiede la nostra convinzione che sia “ errato produrre vini da vitigni autoctoni ispirandosi a modelli riconosciuti dai mercati internazionali ” e che “ i vitigni autoctoni non si debbano prestare all’uso di protocolli di vinificazione più o meno internazionali, a tutti noti ”.

“In quest’epoca di globalizzazione dei mercati e di standardizzazione dei prodotti – ha continuato Marco Perco – accettiamo la sfida all’omologazione puntando sull’identità e la riconoscibilità del prodotto, sulla valorizzazione del suo carattere autoctono, sul suo connotato territoriale, affinché possa rappresentare di questo territorio la massima e la più vera espressione di gusto. In questo consiste l’obiettivo del nostro operato e della continua ricerca di miglioramento della qualità del nostro prodotto: ottenere un vino buono, di territorio, con un gusto che di questo territorio rappresenti un’interpretazione personale; un vino cerebrale, che emoziona, e che sappia “portare la terra nel bicchiere”, tale cioè da trasfondere emozioni universali nel contesto territoriale”.

“La “missione” che ci siamo dati è sostenuta dalla passione e dal desiderio di un continuo evolversi per perfezionarsi, nel rispetto della natura e del profondo rapporto con essa, in un’unione di valori etici personali e del territorio, riscontrabili non solo nelle modalità di produzione, ma anche a partire dalla particolarità della retro-etichetta, che – come una “carta di identità” del vino – riporta tutta una serie di informazioni (vitigno o vitigni, ettari, tipo di vendemmia, macerazione, fermentazione, valore analitico) a dimostrazione della volontà di trasparenza del nostro lavoro e del rispetto nei confronti del consumatore, nonché a garanzia della qualità del prodotto”.

L’azienda Roncùs si trova a Capriva del Friuli, vicino al confine con la Slovenia nella zona collinare a cavallo tra Doc Collio e Doc Isonzo. Le sue origini rispecchiano la tradizione agricola e familiare tipica di queste zone. Nata su un terreno concesso a mezzadria dalla curia arcivescovile ai nonni di uno degli attuali proprietari, inizialmente l’azienda si è fondata su un’agricoltura mista, che spaziava in vari settori, dall’allevamento di mucche ai seminativi, dai frutteti alle viti, e che in parte si autoalimentava. Nel tempo, l’azienda si è evoluta con l’evolversi delle risorse agricole, specializzandosi sempre più e concentrandosi su determinate colture, le viti in particolare. È stato proprio il successo del vino, in questo territorio già di grande vocazione vitivinicola, che ha decretato la sua trasformazione in azienda di vino, negli anni 1985-1990, il che è coinciso con l’entrata in attività di Marco Perco. Successivamente, nel 2000-2001, vi è stato il passaggio dell’azienda a “società semplice agricola”, condotta da Marco Perco e da Gabriella De Marco, attraverso una trasformazione societaria che le ha conferito l’aspetto di moderna azienda agricola, capace di relazionarsi sul piano nazionale e internazionale.

Il Roncùs Bianco Vecchie Vigne è un vino bianco proveniente da uve di vigneti molto vecchi, che hanno un minimo di quarant’anni, capaci di conferirgli profondità e spessore; è un uvaggio fatto con vitigni autoctoni, un blend sapientemente calibrato di Malvasia istriana, Tocai friulano, Ribolla gialla. Dopo la vendemmia, le uve raccolte vengono vinificate in botti di 200 litri in legno di rovere di Slavonia, dove rimangono per un anno, per poi passare in vasche d’acciaio per altri due anni, sempre sui propri depositi di fermentazione. In questo processo è bandito l’uso di lieviti selezionati a favore di una valorizzazione del patrimonio microbiologico che vive ed esiste in cantina. Alla fine, il vino viene imbottigliato, senza la filtrazione sterile, e riposa in cantina per altri sei mesi per l’affinamento. Un vino di territorio dal gusto importante, evoluto, che possa durare nel tempo e nel tempo mostrare la sua intensità, la sua grandezza.

RONCUS BIANCO VECCHIE VIGNE nell’idea di Marco Perco

Questo vino bianco nasce dall’elaborazione, da parte dell’azienda, delle proprie convinzioni sul territorio Friulano. Si è cercato di dare una “personale”, ma non troppo, versione di quello che potrebbe ben esemplificare il territorio, con l’obbiettivo di fare del nostro meglio nella qualità. Abbiamo pensato che un uvaggio dovesse essere la soluzione: sia per motivi storici, di tradizione e francamente l’esistente. Una grande varietà di vitigni sparsi nella regione e molti esempi di grandi vini proprio da uvaggi già presenti sul mercato. Sia per una convinzione che il territorio si esprima meglio con gli uvaggi. In quest’ottica la Malvasia ci è parsa la base ideale su cui costruire il prodotto. Aroma e fresca bevibilità accanto alla sapidità del vitigno ci sono apparse ideali per combinarle con tocai e ribolla a marcare la peculiarità Friulana. Abbiamo cercato di dare continuità al progetto e di stabilire un metodo ripetibile, anche al fine di valutarne nel tempo l’impatto. Circa 70% di Malvasia, 20% di tocai e 10% di ribolla. Con le variazioni a seconda delle annate. La scelta dei terreni sui quali operare è caduta sulla necessità di reperire vecchie vigne, perché solo queste riteniamo possano conferire profondità di prodotto, ma l’argomento merita ulteriori verifiche sul campo. Abbiamo così recuperato anche aspetti ambientali di cui andiamo fieri. La scelta delle vinificazioni: acciaio, legno,…? abbiamo ritenuto che lo sviluppo enologico adeguato per questa idea di vino potesse essere lento, ritenendolo necessario, non per ossidare il vino e ritrovare questo aspetto nel bicchiere, cosa assolutamente non desiderata, ma perché ci possa essere complessità senza perdita di freschezza dal momento della commercializzazione e ancora possa evolversi in bottiglia per molti anni ancora. In altri termini il progetto è figlio del desiderio di fare un vino Friulano importante, ricco, complesso che sia pronto al momento della messa in vendita e abbia grandi capacità di invecchiamento senza invecchiare. Non barriques, ma vinificazione e permanenza in botti di legno di Slavonia grandi da venti ettolitri per un anno, poi altri due anni in vasche d’acciaio sempre sui lieviti. Per imprimere una personalità sempre più territoriale non usiamo i lieviti selezionati ma adottiamo un protocollo che valorizzi il patrimonio microbiologico nostro. Tutto quanto detto trova riscontro in cantina perché attualmente ci troviamo quattro annate in cantina che stanno progressivamente maturando. Il 1999 è la prima annata prodotta.

Scheda tecnica del RONCUS BIANCO VECCHIE VIGNE 2000 di Rocco Lettieri

Vitigni Malvasia istriana 70%, Tocai friulano 20% e Ribolla gialla 10% provenienti da vigneti situati nei comuni di Capriva e di Cormons in parte in collina e in parte in pianura x un totale di 2,5 ettari con impianti vecchi di 40 anni. Terreno collinare, ben ventilato, con marne ed arenarie con debole supporto organico, ricco di minerali. Densità di impianto da 2000 a 4000 ceppi per ettaro allevati alla Cappuccina. Età media delle viti da 40 anni in su. Resa per ettaro 30 quintali di uva. Gradazione alcolica: 13,40 % in Vol. Vinificazione in botte di legno da 2000 litri, con lieviti indigeni e leggera macerazione, dove si completa anche la malolattica. La maturazione prosegue in botte di legno per 12 mesi e quindi altri 24 mesi in acciaio, sempre sui lieviti; viene imbottigliato a fine estate senza filtrazione sterile. Si affina quattro mesi in bottiglia. Colore giallo dorato lucido e brillante; stretti e lunghi archetti si soffermano a lungo sulle pareti del bicchiere. Al naso si presenta floreale di ginestra, iris, pistilli di zafferano e fiori di tiglio a cui segue un agrumato di pompelmo e un fruttato di mela cotogna e pesca gialla matura con finale di nocciola tostata, mandorla fresca e sentori minerale di pietra focaia. In bocca è caldo, armonico, gradevole e burroso; al riassaggio si avverte un gusto di melone giallo, mela renetta e albicocca. Il retrogusto, lungo e persistente, si sofferma su anice stellato, limoncella e miele amarognolo di corbezzolo. Vino per grandi piatti di pesci, risotti, carni bianche anche salsate e formaggi di media stagionatura non piccanti.

IL COLLIO

Il Collio è quella zona a DOC che si estende attraverso la fascia collinare settentrionale della provincia di Gorizia, a ridosso del Confine di Stato con la Jugoslavia, e che comprende circa 1200 ettari di vigneti specializzati. Questa zona collinare si sviluppa quasi ininterrottamente lungo una direttrice ideale Est-Ovest, presentando ampie superficie esposte a mezzogiorno, molto adatte ad una viticoltura altamente qualificata. La prossimità delle prealpi costituisce un efficace riparo dai venti freddi di settentrione e la vicinanza della costa adriatica, che dista mediamente una ventina di chilometri, contribuisce a contenere le escursioni termiche favorendo la persistenza di un microclima mite e temperato: per questo, nel secolo scorso, quando il territorio faceva parte dell’Impero Asburgico, Gorizia veniva definita “la Nizza dell’Adriatico”. La vicinanza del mare determina anche un particolare fenomeno di riflessione dei raggi solari, tanto da produrre un effetto di doppia insolazione. I terreni sono costituiti da marne ed arenarie stratificate di origine eocenica, portate in superficie dal sollevamento in epoca remota del fondo marino, il che è suffragato dal frequente ritrovamento di fossili. Queste marne si disgregano facilmente sotto l’azione degli agenti atmosferici, originando un terriccio dapprima grossolano, poi granuloso ed infine assai minuto, creando nel volgere di poche stagioni un terreno ideale per la viticoltura. Tale situazione ha favorito fin dai tempi più remoti la coltura della vite, introdotta nella zona già in epoca preromana. Successivamente, ai tempi dell’impero romano, la produzione dei vini era così diffusa da consentire all’Imperatore Massimino, intorno alla metà del terzo secolo d.C. di requisire in Collio una tal quantità di botti e tini da ricavarne legname sufficiente a costruire un ponte sull’Isonzo alla Mainizza, presso Gorizia, per il transito delle legioni dirette all’assedio di Aquileia. Che nel Collio la viticoltura avesse già dai tempi antichi una grande importanza economica si desume da molti documenti che riguardano il territorio, e nei quali sono sempre citati i due elementi essenziali che caratterizzavano allora ogni angolo della contrada: la presenza di un castello, cardine del sistema militare e politico che consente di esercitare una reale potestà e dei vigneti che rappresentano la fonte primaria del reddito e quindi i concreti benefici per colui che di tale potestà è investito. Faustino Moisesso, protagonista e cronista della «guerra degli Uscocchi», nella sua «Historia della ultima guerra nel Friuli», narra come le truppe della Serenissima si lanciassero all’assalto di un fortino in mano all’esercito imperiale asburgico sfruttando le zone defilate al tiro nemico grazie alla presenza di terrazzamenti sui fianchi del colle. Questi fatti avvenivano nel 1616 e costituiscono una diretta testimonianza della presenza nel Collio di una viticoltura talmente specializzata che già da allora si avvaleva di importanti e complesse opere di sistemazione fondiaria. Lo stesso Autore, narrando del saccheggio dei castelli espugnati, ci informa dettagliatamente sulla consistenza e natura delle ricchezze costituenti il bottino, tra cui sempre si rinvengono grandi quantitativi di «vini squisitissimi». Vini, quindi, noti e ricercati da tempo immemorabile presso le antiche Corti d’Europa, e particolarmente dalla Serenissima Repubblica e dalla Corte Imperiale Asburgica che con alterne vicende lungamente si contesero queste contrade. La moderna viticoltura nasce in Collio nella seconda metà del 1800, con l’introduzione (ad opera del Conte Latour, proprietario di una vasta Tenuta che, oggi in altre mani, ancora produce rinomati vini) di pregiate varietà di uve da vino francesi e tedesche, che andarono a sostituire alcuni vecchi vitigni locali di minor interesse sotto l’aspetto qualitativo, mentre alcune varietà tradizionali più rinomate sono tuttora coltivate con successo. Ma una tappa determinante per la viticoltura del Collio è rappresentata dal Decreto del Presidente della Repubblica del 24 maggio 1968 con cui, tra i primi in Italia, a questi vini veniva riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata. Con questo riconoscimento venivano inoltre sancite le norme relative alla produzione ed al commercio dei vini Collio, contenute in un severo disciplinare proposto dal Consorzio Tutela Vini Collio, costituito nel 1965 tra gli operatori della zona. Tra le condizioni sancite dal disciplinare assume particolare rilievo la limitazione ai soli vigneti di collina della facoltà di utilizzare, per i vini da essi prodotti, la denominazione Collio. Questi vini, undici in tutto (tre rossi e otto bianchi) devono essere prodotti in purezza assoluta da uve di altissima qualità che non possono superare il quantitativo di 110 quintali per ettaro di vigneto specializzato.

Ricordo di una visita.

Mi piace ricordare agli amici lettori di una visita nel mese di agosto scorso nel Friuli, organizzata appunto da Marco Perco, alla sua cantina, per un gruppo di amici della enologi e produttori della Svizzera italiana. La sua disponibilità ci ha permesso anche visite e degustazioni ad altre aziende che a noi hanno fatto davvero piacere. Non sempre si trovano amici e colleghi pronti a dare tanto per persone a volte sconosciute. In breve abbiamo fatto visita all’Azienda agr. Cà Ronesca di Dolegna, ospiti di Martina Bianchi. Degustazione di Pinot Grigio, Pinot Grigio Podere San Giacomo, Tocai, Marnà, Sauvignon Ipplis, Sariz, Cabernet Franc Podere San Giacomo. Pranzo presso il Ristorante “A Majda” di Gorizia della signora Majda Cicjgoi che ci ha offerto una sapienza culinaria della tradizione goriziana: Toc in braide con polentina morbida e fonduta; “Zukrofi” ravioli tipici sloveni; filetto alla Carsolina; tortino caldo di mele al miele. Abbiamo chiuso con uno stupendo Picolit di Cà Ronesca. Indirizzo da non perdere: Via Duca D’Aosta 71 – tel. 0481. 30871.
Nel pomeriggio visita alla Casa Vinicola Vie di Romans di Gianfranco Gallo a Mariano del Friuli. Stile e professionalità senza eguali. Anche nei vini. Abbiamo degustato: Chardonnay, Sauvignon Vieris 2002/2001, Flors di Uis, Maurus Vos da Ciamps. Come sempre, un’esperienza in più. Cena “marinara”, in forma privata, alla “Casa del Traghetto” a Torviscora, Località Baiana. Un posto che bisogna conoscere, altrimenti non lo si trova. Anche qui piatti dimenticati, cucinati al momento, con quello che ha offerto la laguna. Chiuso il martedì. Solo il telefonino: 333. 5244130 (Gestione Missio). Abbiamo ben riposato alla “Tana dei Ghiri” in Località Monte, a Cormons. Un agriturismo da segnalare, panoramico, tranquillo, con una stupenda “Martina” Querini, padrona di casa. Tel. 0481. 61951
Giorno dopo visita all’azienda Borgo San Daniele di Alessandra e Mauro Mauri a Cormons (tel. 0481. 60552); visita ai vigneti con le uve pronte per la raccolta; degustazione di: Tocai Friulano, Pinot Grigio, Arbis Blanc, Arbis Ros, Gortmarin rosso. Grandi personaggi e anche qui, grandi vini.
Per il pranzo Marco ci aveva promesso una sorpresa (almeno per noi) e così è stato. Da ALTRAN Osteria, località Cortona, 19 a Ruda di Udine (Tel. 0431. 969402 – chiuso lunedì e martedì) abbiamo davvero fatto un pranzo da sogno. Guido Lanzelotti, patron, con il valido aiuto in sala di Denis Ballaminut, ci ha proposto in sequenza i piatti dello chef Alessio Devidé, tutti strepitosi…per non parlare dei vini, uno migliore dell’altro. Sei in una azienda agrituristica e ti trovi una delle più belle carte dei vini del Friuli, inoltre puoi degustare i vini della Casa (anche ottimi- Tocai, Pinot Bianco, Chardonnay, Merlot, Refosco) e assaporare i migliori formaggi delle malghe friulane. Questi alcuni dei piatti offerti al nostro gruppo: Sandwich croccante di formaggio fresco di capra e pomodoro crudo di San Marzano; fiori di zucca farciti di formaggio di Carnia e erbette; seppiolina fritta con salsa gaspacho; carpaccio di manzo scottato con matecato al pepe; tagliatelle fresche con intingolo di canestrelli e piselli; strudel di melanzane con piccola caponata; minestra di basilico; lasagna con stufatino di coda di vitello, emulsione di piselli e finferli; costine di agnello farcite alle olive, carciofi e timo; coda di manzo a fettine su insalata di canederlo al rafano; rosa di coniglio al ribes e mandorle; filetto di faraona alle ciliegie e spinaci novelli; creme brulée al pistacchio e mousse al cioccolato; tartelletta di nespole con salsa di pesca bianca e gelato alle mandorle. Merita un ritorno immediato, al più presto entro primavera prossima.
Ultima visita per vini ad un personaggio unico, Denis Montanar, dell’azienda agricola Montanar a Villa Vicentina (Udine – Tel. 0431. 969393) come unici sono i suoi due vini: Borc Dodòn Refosco dal Peduncolo rosso e Borc Dodòn Uis Neris (cabernet franc e sauvignon, merlot).

Azienda Agricola Roncùs
Via Mazzini, 26
34070 Capriva del Friuli (Gorizia) – Italia
Telefono e fax : 0039 0481. 80.93.49
roncus@activeweb.it
www.roncus.it

A cura di Rocco Lettieri