Masterclass a Cà dei Frati in Lugana di Sirmione

Masterclass a Cà dei Frati in Lugana di Sirmione

con Armando Castagno

 

 

Il 28 aprile scorso nella Cantina di Cà dei Frati di Lugana si è tenuta una storica verticale di sei Lugana con l’autorevole presenza di Armando Castagno, celebre esperto di vini d’Italia e di Francia, con Igino Dal Cero, proprietario e con l’enologo Carlo Callari. 

Un’occasione unica e speciale per 40 persone che hanno potuto degustare il nuovo Lugana 2022, confrontarlo con il Lugana 2021 e con il nuovo Privilegio di Famiglia Lugana I Frati 2017 (solo 5.000 bottiglie presentate a Vinitaly 2023) e tre annate storiche scelte dal produttore Igino Dal Cero e precisamente le annate: 2011, 2007 e 2004.

Incontro voluto, se ce ne fosse stato bisogno, per dimostrare le capacità di tenuta nel tempo di questi vini, che il territorio del Lugana può vantare al pari di tanti altri vini sia esteri (Alsazia, Mosella, Chablis, Cote du Rhone, Svizzeri e Austriaci) come pure i nostri dello stivale italiano a partire dall’Alto Adige: Terlano, Juval, Colterenzio, Lageder, Cason Hirschprunn, Franz Haas, Thurnhof, Niedermayr e dal Friuli quali Vintage Tunina di Jermann, Blanc des Rosis di Schiopetto, Flors di Uis di Vie di Romans, Venica & Venica, Studio di Bianco di Borgo del Tiglio, Roncus, e poi scendendo nelle Marche con i Verdicchio di Bucci, in Toscana la Vernaccia di San Gimignano (Panizzi, Montenidoli, Cesani), gli Umbri di Castello della Sala e i Trebbiani Spoletini dell’Orvietano, i Trebbiano abruzzesi di Valentini, i Fiano e i Greco di Tufo (Benito Ferrara e Luigi Mojo), il vino Carricante dell’Etna di Salvatore Foti come ancora la Vernaccia sarda di Contini. Tutti vini che hanno una capacità longeva nel tempo (mai riconosciuta!!!) che possono vantarsi di una giusta definizione: i bianchi italiani che fermano il tempo

Armando Castagno è partito da lontano raccontando che il territorio dove gravita il vino Lugana DOC è di una primaria importanza al pari di tante altre zone d’Italia pur se ci troviamo in una zona pianeggiante che alla vista dei più non potrebbe fornire uve atte a divenire vino da lunghi invecchiamenti al pari di tanti altri vini bianchi e rossi d’Italia e del mondo. Grandi movimenti idrogeologici hanno creato il profilo delle colline della zona del Garda bresciano e hanno determinato una varietà di terreni e microclimi singolari e che molto influiscono sui prodotti della terra. Le viti della zona del Garda di Sirmione albergano sulle colline della sponda occidentale del lago e rappresentano una curiosa cerniera di congiunzione tra i vitigni autoctoni e i vitigni importati dalle vicine regioni o dall’estero. Le favorevoli condizioni climatiche determinate dalla grande massa del bacino del Lago di Garda hanno favorito da sempre il rigoglioso sviluppo dei vigneti che si stendono sulle sue rive. Oggi, si attuano ben precise distinzioni tra i vini prodotti a sud, a nord, ad est e ad ovest del lago: un tempo, invece, venivano tutti definiti vini “retici”, una generalizzazione avallata da autori importantissimi come Plinio e Virgilio. Il Lago di Garda, il più grande dei laghi italiani, con la sua luminosità crea le condizioni ideali per l’esaltazione dei frutti della vigna.

Igino Dal Cero, produttore di Ca’ dei Frati, crede molto nelle potenzialità strutturali e gustative del Lugana DOC che si ottengono con l’affinamento regalato dal tempo. Il vino non invecchia né migliora, ma muta in modo proteiforme, si adatta agli influssi del tempo, rimanendo nel profondo tuttavia sempre uguale a se stesso. Per questo sono davvero molto importanti le lavorazioni in cantina e ancora prima in vigna, per essere certi di ottenere un grande prodotto proiettato nel futuro.

E’ ancora Armando Castagno a definire il Lugana DOC degno di un importante segnalibro nel volume dei grandi vini bianchi italiani da lungo invecchiamento. E a tal proposito Igino Dal Cero è assolutamente d’accordo, basta esserne capaci di prevederne le potenzialità, attività non sempre facile per un viticoltore. Tuttavia ricorda, andando indietro nelle sue quarantatré vendemmie, che questa attitudine all’ascolto dell’uva, della natura e del vino stesso gli è stata insegnata dal padre Pietro Dal Cero, fondatore dell’azienda: “[…] mio padre veniva in cantina al mattino e poi tornava alla sera a controllare. Mi ha dato le chiavi della cantina che non ero ancora maggiorenne, mi ha lasciato sbagliare, per farmi imparare, dandomi molta responsabilità”.

Raccontare il Garda e i suoi vini è richiamare alla mente personaggi storici e moderni che hanno amato il lago e i suoi nettari prima di noi. Ai tempi di Pietro Aretino il Lugana era già considerato un vino eccellente. Più tardi il Bacci nella sua “De Naturali historia vinorum” definiva il Lugana “vino regale”. Catullo amò profondamente il lago Benaco da dedicargli alcuni versi immortali; Kafka scelse il Garda come rifugio per il suo spirito inquieto; ne scrissero Goethe, Foscolo, Carducci, Byron, sino a D’Annunzio che ne fece la sua dimora al Vittoriale. Il tratto meridionale che si estende leggermente ondulato fra Desenzano e Peschiera prendeva il nome di Silva Lucana, dal latino “lucus” e quindi bosco, volgarizzato in Lugana. Le ondulazioni del terreno altro non sono se non formazioni moreniche con sottosuolo argilloso, ora profondamente torbato ove attecchisce ottimamente la vite. Il bosco fu fatto recidere da Gian Galeazzo Visconti, intorno agli anni 1350/1400, il quale usò i tronchi degli alberi per deviare il corso del fiume Mincio nel vano tentativo di prendere Mantova. Veneziani, francesi e tedeschi fecero poi altrettanto, continuando quella bonifica che tuttora è in corso. La vite si conferma essere la regina della zona, tanto che Ottavio Rossi ebbe a scrivere: “…qui a dispetto quasi della natura di questi gessi e di questi fanghi, vi si generano viti generose che abbondano di vino gagliardo e grosso se nero, ma gagliardo e soave se bianco e fatto con artificio…”. Più recentemente il prof. Cosmo, e il prof. Attilio Scienza, dopo profondi studi, giunsero a dire che l’unico vitigno di questa zona è il “Trebbiano di Lugana”, conosciuto come Turbiana o Turviana, oggi vitigno autoctono, che nulla ha a che vedere con il “Trebbiano” di tutta Italia. Da queste uve si ottiene il Lugana, che ricevette la DOC nel lontano 1967, e che ha apportato importanti innovazioni con il nuovo disciplinare del 1998 che ora può fregiarsi della denominazione “Superiore” e la maturazione può avvenire anche in legno, come pure eccellente per essere prodotto anche nella versione spumante.

Un vino “mitico” dunque, non necessariamente beverino, ma anche strutturato e longevo, da sfatare che andava bevuto giovane ed entro l’anno di produzione. Basta provare i nuovi vini dei produttori del Lugana per rendersene conto. Per numerosi giornalisti increduli e wine lovers poco convinti non è ancora troppo tardi per ravvedersi e fare atto di pentimento come lo fece il grande maestro Luigi Veronelli davanti ad una bottiglia di Lugana quando affermò: “I Lugana, cosa rara nei vini, hanno una straordinaria capacità di farsi riconoscere. Tu assaggi un Lugana e se sei un buon assaggiatore, non puoi dimenticarlo… Bevi il tuo Lugana giovane, giovanissimo e godrai della sua freschezza. Bevilo di due o tre anni e ne godrai la completezza. Bevilo decenne, sarai stupefatto dalla completa autorevolezza”.

Ma è sempre Lui, il nostro Maestro “GINO” Veronelli a dire che: “La mia impressione è quella di essere in ritardo. Avevo visitato e camminato le terre di Lugana, almeno una ventina di anni fa molto bene, tant’è vero che segno nei miei libri alcuni vigneti ancora oggi famosi. Non mi sono accorto che con la capacità imprenditoriale di nuovi viticoltori sono andati moltiplicandosi, con l’acquisizione, nuovi cru che vanno naturalmente seguiti, soprattutto camminati e assaggiati nei nuovi vini. La Lugana e il vino Lugana hanno una straordinaria somma di ricordi in campo della letteratura che, penso, forse nessuna altra terra abbia avuto, che fanno parte del vino Lugana, e non è retorica: il vino è sempre l’espressione di quello che la terra ha sopportato o di cui ha gioito nei secoli. Ed io oggi, quando assaggio un Lugana, sento quel sapore, e guai se non lo sentissi, quel profumo che ti avvolge quando cammini quelle vigne mature. Nel Lugana sono molto presenti la limoncella, la rosa canina, la rosa spina e anche la mandorla, che l’avverti si, ma molto leggera… ”. Quindi il Lugana da sempre vino da antipasti, da aperitivi, da piatti delicati con pesci di lago, nella versione, importante, quella “superiore”, quella da “invecchiamento”, si sposa a pesci salsati, vitello tonnato, carni bianche e ogni qualsiasi pietanza venga arrostita alle braci, qui rigorosamente con legna di olivi o tralci di vitigni.

Informazioni sui terreni della Lugana

Grosso modo si può dire che la Lugana è una zona pianeggiante situata sulla sponda meridionale del Lago di Garda, fra Rivoltella, Pozzolengo e Peschiera. La sua formazione ha origine nell’era antropozoica alla quale molto si deve dell’attuale fisionomia della penisola. Un residuo morenico delle glaciazioni di Wurm formato da detriti finissimamente macinati, commisto ad argilla che cementa i minuti costituenti dando al terreno una elevata compattezza. Questo detritico subì nella Lugana un vero e proprio rimaneggiamento ad opera del lago postglaciale le cui acque avendo un livello superiore al presente sommergevano tutta l’attuale regione. L’argilla lacustre si depositò in grande quantità al detrito morenico sostituendo la sabbia con la limacciosa argilla in grado di dare oggi grandi e potenti uve. Infatti ci troviamo in presenza di ben 5 unità pedologiche diverse. Dal punto di vista morfologico si tratta di piane retro-moreniche ondulate di origine glaciale, ascrivibili al periodo tardo wurmiano e cataglaciale, (0-30 mila anni fa), a drenaggio lento, costituite da stratificazioni di sedimenti fini quali argille, in prevalenza calcaree, e limo, e inframmezzate da depositi micro-organici e sali minerali. La terra di Lugana non è facile da gestire: polvere sottilissima, blocchi duri e compatti quando è secca, appiccicosa e traditrice quando bagnata, ed ecco perché oggi tutte le vigne sono inerbite poiché sarebbe impossibile addentrarsi in terreni privi di vegetazione dopo una abbondante pioggia. I suoli della Lugana a sud del Garda presentano quindi caratteristiche tali da ridurre notevolmente la scelta delle colture, tuttavia possono risultare molto più idonei di altri per destinazioni specifiche di pregio come la vite che, proprio in situazioni che sembrerebbero sfavorevoli, estrinseca al meglio le proprie capacità produttive ed organolettiche. Il territorio comprende piane retro-moreniche ondulate e mal drenate, costituite da sedimenti fini addensati derivanti da depositi morenici di fondo.

Si riconoscono tre unità morfo-pedologiche principali:

1) Superfici pianeggianti o debolmente ondulate, costituenti le parti sommitali di basse dorsali; a sud in prossimità delle colline, sono rilevate di alcuni metri rispetto alle incisioni mentre divengono via via meno evidenti andando verso il lago. Sono oggetto di sistemazione agrarie atte a favorire il drenaggio delle acque in eccesso (baulature), dove prevalgono i vigneti ed il seminativo. Sono suoli poco profondi limitati dal substrato argilloso sovra consolidato fortemente calcareo, con scheletro assente o scarso, costituiti da particelle medie o moderatamente fini nel substrato a drenaggio lento.

2) Superfici intermedie, di raccordo tra le incisioni del reticolo idrografico diretto verso il lago e le porzioni rilevate; la debole pendenza rende superflua la baulatura. Sono i terreni utilizzati a vigneto e includono due tipi di suolo: a) moderatamente profondi o profondi, con scheletro scarso, tessitura media o moderatamente fine, reazione alcalina, saturazione alta, calcarei, a drenaggio lento; b) molto simili ai precedenti da cui differiscono per una maggior azione drenante ed una minore profondità.

3) Principali e profonde incisioni appartenenti al reticolo idrografico diretto verso il lago. Interessate dalla deposizione di materiali fini erosi dai versanti morenici delle contigue dorsali. Sono utilizzate a seminativo e prato stabile non idonei alla coltivazione della vite.

Pertanto possiamo affermare che la qualità di un vino è strettamente legata al suo “terroir” cioè all’interazione delle caratteristiche ambientali di una zona con l’adattamento di un vitigno a queste. Da questo connubio scaturisce l’originalità e la qualità di un vino che, in altri “terroir”, potrà essere altrettanto elevata, ma sicuramente differente. Il risultato sono vini inconfondibili e di grande estro, che si contraddistinguono per razza e gusto fruttato, ma anche per l’accattivante densità e l’estrema longevità. La parola chiave in cantina è “tempo“. Il cantiniere/enologo punta su una maturazione del vino lenta e lunga. I vini rimangono sul fermento spesso per anni prima di essere trasferiti, senza fretta, nelle botti e nelle bottiglie sino alla completa maturazione. Ciò che conta non è tanto stimolare gli aromi primari, quanto quelli secondari e terziari, che contraddistinguono i grandi vini di tutt’Italia.

La degustazione:

Annata 2022: Un giovane Lugana ampio, pieno, colore giallo verdolino con riflessi dorati, luminoso, lucido; glicerina ferma sulle pareti del bicchiere con gambe lunghe e strette. Al naso si presenta con grande impatto agrumato (cedro, ananas) a cui fa seguito un profumo di mela verde e sentori di erbe dell’orto; al secondo naso si avverte frutta candita, miele di acacia, the, timo secco e foglia verde di edera. In bocca ha un attacco succoso, caldo, pulito, di struttura; la frutta che si avverte è quasi esotica, si alternano note di menta e di mela cotogna; il finale è lungo con gusto pieno di mandorla. Grande è l’equilibrio salato/acido anche nel retrogusto, che è fermo e minerale.

Annata 2021: vino con due anni in più sulle spalle che si presenta con colore giallo paglierino intenso, carico, con riflessi dorati, lucido e brillante; importante la glicerina che si sofferma a lungo sulle pareti del bicchiere con gambe strette. Al naso si avvertono profumi floreali, sentori fruttati a polpa gialla (albicocca, ananas, susina, melone) a cui seguono frutti tropicali (banana, mango) con finale speziato che ricorda la vaniglia e il miele di acacia. Leggero fumée con presenza di pane tostato. L’attacco in bocca è ampio, complesso, di grande struttura; l’armonia è quasi burrosa e ampia; il palato è sapido, complesso, avvolgente con finale dolce e di mandorle.  Vino tecnicamente perfetto, di carattere e ampio spettro aromatico.

Annata 2017 – Privilegio di Famiglia – Si tratta della linea Privilegio di Famiglia: un vino che ha trascorso i suoi cinque anni in affinamento in bottiglia. Con questa dicitura a marchio registrato abbiamo si è voluto dare i natali ad una nuova linea, inaugurata a Vinitaly 2023, lasciando i vini in cantina, a temperatura controllata, nella penombra durante tutto questo tempo, permettendo solo al tempo di intervenire. Sono state prodotte solamente 5.000 bottiglie. Colore giallo dorato lucido. Naso che ha sentori verdi e gialli (ginestra, mimosa, tiglio) e di frutta quali la pesca “spaccarella” (parole di Armando), con finale di anice e finocchietto e di liquirizia di elicriso. In bocca è sapido, fresco, rotondo, quasi untuoso con leggera mineralità. Il finale è lungo con ricordi di frutta esotica (mango, litci, avocado e ananas). Vino che è stato chiuso con il tappo della Nomacorc che garantisce una protezione del vino molto alta, con un utilizzo di una minore quantità di solfiti e una lunghissima persistenza (parole di Igino).

Annata 2011: Qui si entra in una pasticceria in piena produzione: note di frutta secca, note resinose e anche amidacee. Alla vista colpisce la sua palette dorata. Al naso si avvertono profumi floreali, sentori fruttati a polpa gialla (albicocca, ananas, susina gialla, melone) a cui seguono frutti tropicali (banana, mango) con finale speziato che ricorda la vaniglia, l’anice stellato e il miele di acacia. L’attacco in bocca è ampio, complesso, di grande struttura; l’armonia è quasi burrosa e ampia; il palato è sapido, complesso, avvolgente con finale dolce e di nocciole appena tostate. Nel finale prevale il gusto dell’anacardo con note anche amaricanti che si susseguono mantenendo la nota minerale che rende questa esperienza solenne. Vino tecnicamente perfetto, di carattere e lungo spettro aromatico.

Annata 2007: Una poesia liquida, tutta da interpretare. Maraschino, frutti esotici, spezie pestate, canditi passati nello zucchero. Con i suoi quindici anni trascorsi a riposo in bottiglia porta con sé una complessità che annulla ogni considerazione: ad ogni assaggio muta, si irrobustisce, si palesa diversamente, si mostra sotto punti di vista diversi. Comunque ha colore giallo dorato caldo, brillante; bella la glicerina che scende piano, piano, sulle pareti del bicchiere. Il profumo è fine, discreto, equilibrato, senza prepotenza, quasi balsamico, leggermente fumoso di torba tipica dei Pis Porter alsaziani. Il sapore è suadente, piacevole, carezzevole, armonico, fresco; si avvertono confetture dolci (albicocche, mele cotogne), miele di millefiori e fichi secchi. Nel finale perde la vivacità avvertita in bocca e i profumi cedono sulla candele, sul fumoso. Vino da bersi da solo, in meditazione assoluta, con niente.

Annata 2004: Ci piace ricordare il tocco di mimosa, percepito dal colto naso di Armando Castagno, insieme a note complesse di evoluzione ed eleganti sentori terziari dovuti al tempo di permanenza in bottiglia. Un bianco dal colore oro antico, lucido e brillante, evoluto ma non stramaturo, con sentori di frutta esotica, crosta di pane bruciato, mandorle tostate; in bocca è ancora fresco, strutturato, sapido, polposo, minerale con punta di idrocarburo che ad ogni giro di bicchiere offre sensazioni diverse. Un grandissimo vino in grado di fermare il tempo.

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Armando Castagno

Armando Castagno è nato a Roma nel 1969. Ha affiancato a lungo l’attività di cronista sportivo a quella di critico enoico, alla quale si è dedicato integralmente dal 2013; collabora oggi con diverse testate giornalistiche e ha pubblicato una decina di libri, tra i quali i fortunati “Borgogna. Le vigne della Côte D’Or” del 2017, “Vini da scoprire” con Gravina e Rizzari della Giunti Editor 2016 e “Alle radici del Barolo” di Slow Food del 2021. Tiene corsi in materia vitivinicola alla Treccani Accademia a Roma, Napoli, Firenze e Bari e presso numerose associazioni di cultura del vino. 

di Rocco Lettieri