Fabio Piccoli intervista Antonio Rallo di Donnafugata

Rallo di Donnafugata:

le famiglie del vino fattore chiave della qualificazione del vino italiano

Fondamentale salvaguardare le piccole realtà del vino italiane che rappresentano un fattore strategico nella valorizzazione del vino italiano nel mondo.

di Fabio Piccoli

Parlare con Antonio Rallo, titolare della mitica azienda siciliana Donnafugata mi provoca sempre tante emozioni. Suo papà Giacomo lo posso considerare il mio mentore, colui che mi ha accompagnato nella conoscenza della Sicilia del vino e nonostante lui non ci sia più da cinque anni i suoi insegnamenti e il suo esempio sono ancora vivi. Vivi anche nell’atteggiamento di suo figlio Antonio capace di coniugare passione e razionalità in perfetto stile paterno. E se oggi Donnafugata continua ad essere un brand chiave nell’esaltazione dell’identità siciliana lo si deve moltissimo alla famiglia Rallo che con coraggio e determinazione è sempre riuscita a raccontare questa straordinaria terra del vino in tutto il mondo.

Antonio, inoltre, come sua sorella José, non si sono mai chiusi esclusivamente all’interno della loro azienda ma hanno sempre voluto dare il loro contributo alla crescita del sistema vino nel suo complesso. Antonio è stato presidente di Unione Italiana Vini e da alcuni anni è fortemente impegnato nella presidenza del Consorzio Doc Sicilia, mentre José è stata nominata lo scorso anno nel Consiglio di amministrazione dell’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Insomma Donnafugata rappresenta uno degli osservatori più interessanti per comprendere lo stato di salute e le prospettive non solo della nota azienda siciliana ma di tutto il settore vitivinicolo non solo siciliano.

Antonio, partiamo subito con il botto, che impatto ha avuto Covid-19 nella vostra azienda?

Per un’azienda come la nostra che aveva il 70% del suo business sul canale on trade è evidente che questa pandemia ha rappresentato una vera e propria rivoluzione. Abbiamo infatti dovuto attivare tutti gli altri canali per poter raggiungere il consumatore. Sicuramente l’e-commerce ha avuto performance incredibili che sicuramente ci hanno aiutato. Inoltre, fortunatamente, le aperture della scorsa estate ci hanno consentito di limitare notevolmente i danni perché la ristorazione non solo in Sicilia ha potuto riprendere fiato soprattutto grazie al turismo italiano. Poi purtroppo l’autunno ci ha fatto ripiombare nelle difficoltà che anche oggi stiamo vivendo. Complessivamente, però, possiamo dire di essere riusciti a chiudere il 2020 in maniera dignitosa e  ci ha obbligati ad una forte riorganizzazione aziendale che per alcuni aspetti ci potrà essere utile anche nel prossimo futuro, quando finalmente saremo fuori da questa pandemia.

In questi mesi si sta parlando molto dell’importanza della multicanalità, nel non essere vincolati ad un unico canale distributivo. Ma questa come si riesce a realizzare una prima del vino italiana?

La vendita diretta è indubbiamente un fattore chiave per moltissimi piccoli produttori, che si può sviluppare in particolare grazie ad un maggiore investimento nell’attività enoturistica. Per queste realtà, inoltre, molto importante è la ristorazione del territorio. Per alcune di esse, inoltre, quelle meglio organizzate, l’altro sbocco importante può essere rappresentato dall’export, soprattutto sul canale on trade. Certo, poi c’è anche l’opzione dell’e-commerce ma non dobbiamo dimenticare che in Italia abbiamo decine di migliaia di etichette e non è certo semplice farsi riconoscere in un mare di offerta di questo genere. D’altro canto le problematiche dell’affollamento nell’e-commerce ricalca quanto già da decenni assistiamo nella grande distribuzione organizzata. Rendersi riconoscibili per i piccoli brand su questi due canali non è e non sarà mai facile.

Cosa ritroveremo nel prossimo futuro, speriamo veramente a breve, in quella che viene definita la “nuova normalità”?

Sicuramente le vendite online proseguiranno anche se dobbiamo ammettere che in Italia partivamo da un valore veramente basso dell’e-commerce del vino. Penso comunque che la percentuale del commercio del web rimarrà solida anche nei prossimi anni. Crescite che vedremo un po’ in tutti i mercati, dalla Germania agli Usa.

Altro aspetto importante da considerare è stata l’abitudine acquisita dai consumatori in quest’anno di pandemia di pranzare e cenare a casa. Questo ha determinato anche un atteggiamento diverso nell’acquisto dei vini sia sul fronte e-commerce ma anche al supermercato con una maggiore disponibilità ad accettare prezzi mediamente più elevati. Il cosiddetto processo di premiumizzazione, infatti, anche in questi difficili mesi non si è arrestato a dimostrazione che molti consumatori hanno visto nel consumo a casa la possibilità di sperimentare cose migliori, qualitativamente più interessanti. Penso che questo possa mantenersi anche quando saremo fuori dalla pandemia. Abbiamo tutti sperimentato molto e questo è un fatto molto positivo perché ha comunque consentito una crescita culturale anche sul fronte del vino.

Questa pandemia ha messo a nudo pregi e difetti del processo di digitalizzazione da parte delle aziende del vino.

Certo questa grave emergenza ci ha fatto capire che il digitale è molto più complesso di come pensavamo. Ci ha fatto comprendere che sono necessarie nuove competenze, nuove professionalità perché è un fronte dove non si può improvvisare. Chi aveva le risorse per adeguarsi a questo nuovo modello è riuscito a dare le giuste risposte “digitali”, molti però non ci sono riusciti e le attuali difficoltà economiche non facilitano certo questo processo di adeguamento.

Non è un caso che le aziende più grandi e organizzate si sono subito attivate investendo anche in consulenti esperti del digitale o assumendo giovani risorse umane con adeguata competenza. Ma molti sono stati costretti al cosiddetto fai da te con risultati non sempre esaltanti.

Da quello che affermi sembra che anche tu sia tra coloro che vede nella grande frammentazione del vino italiano un problema rilevante.

La frammentazione non è di per sé un problema dipende ovviamente dalle capacità organizzative, imprenditoriali, manageriali di ogni impresa. Però va anche detto, osservando la realtà in maniera oggettiva, che in questa fase così difficile di fatto hanno retto l’urto, se non addirittura, sono cresciute quelle imprese grandi che erano forti sul fronte dell’off trade. Mentre le aziende più piccole sono quelle che hanno perso anche più del 50% del loro fatturato. Anche per noi non è stato facile, abbiamo dovuto reinventarci e siamo soddisfatti di tutto quello che siamo riusciti a fare pur in una situazione così nuova e complessa.

Ogni imprenditore la vede a modo suo: c’è chi vede il futuro con nuovi occhi e cerca di adattarsi ai nuovi scenari, chi invece aspetta un ritorno al passato. E’ difficile dare giudizi perché ognuno alla fine deve fare i conti con i mezzi che ha a disposizione ed è indubbio che per molte piccole imprese il cambiamento non è facile da abbracciare.

Io comunque mi auguro vivamente che vengano attivate le risorse per supportare le piccole imprese che rimangono fondamentali, preziosi ambasciatori nella valorizzazione del vino italiano di qualità nel mondo. L’Italia del vino, infatti, a mio parere non potrà mai vincere la partita concentrandosi solo nella realizzazione di vini buoni a prezzi concorrenziali. Servono produzioni fortemente legate al territorio, altamente riconoscibili, competitive non sul prezzo ma sulla loro identità qualitativa che ci aiuterà sempre a distinguerci dalle grandi produzioni australiane o cilene. Saranno le tante famiglie dei vino italiane, capaci di realizzare vini unici in territori irripetibili quelle che continueranno a poter rendere vincente il vino italiano nel mondo.

A proposito di territori irripetibili, quale è stato l’impatto della pandemia sulla tua amata doc Sicilia?

Ha registrato una perdita del 5% del confezionato nel 2020, quindi non possiamo lamentarci, possiamo dire che la doc Sicilia ha retto abbastanza bene un’emergenza così grave. Sono invece molto preoccupato per le altre nostre denominazioni siciliane, come Pantelleria, Cerasuolo di Vittoria che potrebbero subire un impatto molto più forte. Spero veramente che il 2021 ci dia segnali di ripresa più forte.

Molto considerano l’enoturismo una leva chiave anche per la ripartenza dell’economia vitivinicola del nostro Paese. Quale il tuo punto di vista?

Si tratta di una grande leva strategica, e questo è ancor più vero in una terra come la Sicilia. Abbiamo visto come l’estate scorsa le riaperture abbiamo portato ad una sorta di “invasione” dei nostri territori del vino e questo è stato un segnale eloquente di quanto può rappresentare l’enoturismo per il nostro Paese, Sicilia in primis. Tutte quelle aziende che saranno in grado di organizzarsi al meglio sul fronte dell’accoglienza potranno intercettare nel prossimo futuro flussi turistici di grande importanza. Noi siamo pronti.