PASSITALY 2014 a Pantelleria

Grande successo per “Passitaly” a Pantelleria

Si è felicemente conclusa la prima edizione di Passitaly, la rassegna interamente dedicata ai vini naturali dolci del Mediterraneo e alle bellezze naturalistiche, storiche e gastronomiche dell’isola di Pantelleria con manifestazioni congressuali e visite alle aziende produttrici di Passito DOC


Pantelleria, isola tra terra e mare, tra natura e cultura, ha accolto, infatti, per 5 giorni oltre 50 giornalisti (30 italiani e 20 provenienti da Paesi esteri), 40 produttori di vino e istituzioni nazionali e regionali per mostrare e raccontare alcuni degli aspetti più belli dell’isola, da quelli  più conosciuti, come le produzioni di vini passiti naturali e dei capperi panteschi, a quelli meno noti, come i siti archeologici di epoca fenicia e romana. Una manifestazione che per la sua prima edizione ha potuto contare sulla presenza di Maurizio Martina, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, il quale ha iniziato ufficialmente la vendemmia 2014 a Pantelleria tagliando il primo grappolo d’uva zibibbo della stagione, in località Punta Karace nel terreno di Giovanni Maddalena, un giovane viticultore e produttore di passito naturale. Il ministro delle politiche agricole era arrivato nell’isola due ore prima per aprire ufficialmente al castello medioevale la prima edizione di Passitaly, rassegna dei vini passiti naturali del Mediterraneo, promossa dall’Assessorato regionale dell’agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca Mediterranea, dal Comune di Pantelleria, dall’Istituto regionale vini ed oli di Sicilia e dal GAL delle isole minori.

Molti i relatori partecipanti ai vari convegni a partire da Luca Bianchi, Pier Luigi Petrillo, Ezechia Paolo Reale, Nelli Scilabra, Pietro Alagna, Graziella Pavia e in altri momenti Rosaria Barresi, Antonio Rallo (presidente CdA DOC SICILIA e titolare dell’azienda Donnafugata di Marsala e in Pantelleria), Ornella Laneri, Cristian Del Bono, Ermanno Paladino, Peppe D’Aietti, Antonio Parrinello, Antonio Di Giacomo e per le degustazioni di Passito: Andrea Gabbrielli, Giovanni Giardina e Donato Lanati (fondatore di Enosis Meraviglia di Cuccaro in Piemonte e considerato uno dei più grandi enologi a livello mondiale inserito nella rosa dei cinque per il premio Wine Enthusiast’s  Star Award 2014 dalla Rivista Wine Enthusiast Magazine).

“Abbiamo accolto la stampa nazionale e internazionale – ha affermato Salvatore Gino Gabriele, Sindaco di Pantelleria – per raccontare la storia, lo stile di vita e le produzioni di questa isola situata tra l’Europa e l’Africa. Desideravamo far conoscere le reali e autentiche potenzialità di questo territorio che ha raggiunto la fama mondiale grazie alle produzioni di Passito e al turismo di alto livello. Ma Pantelleria è in grado di offrire ancora di più di quanto conosciuto fino ad oggi a livello internazionale; c’è, infatti, un patrimonio storico e culturale enorme e una varietà di produzioni agroalimentari assolutamente caratterizzanti e legate alle coltivazioni e alle varietà autoctone”. Lo stesso sindaco aveva in precedenza illustrato il programma del Passitaly che prevedeva itinerari non solo nelle cantine, ma anche archeologici, architettonici e naturalistici. “Pantelleria ospita ambienti di eccezionale valore naturalistico-paesaggistico. Salvaguardare l’agricoltura pantesca equivale a salvaguardarne il paesaggio e la sua popolazione. Per cambiare le sorti dell’isola e dell’agricoltura c’è bisogno di ripensare al ruolo di ogni singolo partecipante alla “filiera territoriale”. Sono nati in questi anni tanti piccoli viticoltori che con le grandi ditte presenti nell’isola devono agire in sinergia per ampliare e migliorare l’offerta in un mercato che diventa sempre più globale”.

Passitaly è stata anche un’occasione di confronto tra le produzione di vino dolce naturale autoctone e quelle provenienti dal Mediterraneo. Due degustazioni tecniche, riservate alla stampa accreditata per la manifestazione, hanno consentito un confronto diretto tra tutte le migliori produzioni di vini naturali dolci dell’aerea mediterranea. “Pantelleria – ha dichiarato Ezechia Paolo Reale, Assessore Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea – è un simbolo importante della civiltà della vite in tutta l’area del Mediterraneo. Un sistema produttivo in simbiosi con la natura che ha modellato il paesaggio ma anche l’identità culturale di questa isola che ha sempre avuto nell’agricoltura e nel contadino di Pantelleria il suo baricentro. Il primo difensore del paesaggio è il contadino. Agricolture eroiche come quelle di Pantelleria, che superano difficoltà insormontabili per avere prodotti di alta qualità, vanno difese e valorizzate. Per queste ragioni l’unicità di questo contesto produttivo sarà uno degli elementi fondanti della Sicilia all’Expo del 2015”.

“Passitaly ha un valore strategico – ha invece dichiarato Antonino Di Giacomo, Commissario straordinario dell’IRVO – per l’isola di Pantelleria e per la Sicilia intera. Con questa manifestazione intendiamo sottolineare l’importanza della viticultura eroica praticata sull’isola, un modello integrato che coinvolge tutte le altre attività economiche che hanno fatto la storia pantesca: la coltivazione del cappero, il sistema dei dammusi e la produzione dell’uva passa. Il messaggio che intendiamo lanciare si rivolge innanzitutto alle aziende, dal piccolo contadino al grande marchio, perché intensifichino lo sforzo di unità e di collaborazione tra loro. Da questa unità potrà nascere una nuova stagione di sviluppo sostenibile per l’isola che, con l’auspicato riconoscimento dell’Unesco, potrà trovare un nuovo e importante slancio.

A parlare del progetto UNESCO è stato il dottor Pier Luigi Petrillo, consulente del Ministro delle Politiche Agricole che ha riferito: “L’agricoltore che così faticosamente coltiva la conca e poi pianta  l’alberello in un terreno arido ed estremamente ventoso, è identità di una comunità che svolge una funzione culturale, come si usa dire in ambito Unesco. Nel luglio del 2010 partì l’idea di candidatura. Quell’estate lavorammo alla scrittura, in inglese e in francese, dei dossier. Il Ministero delle Politiche Agricole attivò una task force di tre esperti unescani, che ho avuto l’onore di coordinare, per redigere questo dossier di candidatura insieme anche alla comunità di Pantelleria. A marzo del 2011 – ha continuato il dottor Petrillo – è stato ufficialmente presentato a Parigi, nella sede dell’Unesco, il dossier di candidatura. Non era mai successo che una pratica agricola fosse candidata per l’Unesco”.

L’assessore all’Agricoltura, Graziella Pavia, giovane e agguerritissima che opera proprio su Pantelleria, ha evidenziato l’importanza della richiesta del riconoscimento UNESCO relativo alla pratica della coltura ad alberello della vite pantesca, partendo da un documento che è parte integrante della delibera legata alla rassegna Passitaly 2014. “La parola chiave del documento che abbiamo presentato è il paesaggio agrario. Oggi su quest’isola si coltivano poco meno di 700 ettari di terreno rispetto ai 3.000 di trent’anni addietro. Ĕ questo un dato significativo che ci fa capire il livello di abbandono del paesaggio agrario, del paesaggio antropizzato com’è totalmente il nostro territorio e permettiamo al bosco di avanzare inesorabilmente. I produttori di quest’isola, nell’estate 2014, si trovano in difficoltà perché non hanno sbocco nella commercializzazione delle proprie uve, dovuta ad una lunga serie di fattori. Le strutture di accoglimento del prodotto non mancano ma non aver fatto impresa, ad esempio, ha impedito di creare un mercato reale di acquisto delle nostre uve in modo duraturo. Nel documento si chiede un intervento alle istituzioni nazionali e regionali sugli intenti per arrivare alla risoluzione del problema perché il paesaggio agrario abbandonato non permette più di avere un’identità territoriale e di popolo. Vorrei anche sottolineare che la centralità della nostra agricoltura è lo “zibibbo” con il suo passito. Esistono, infatti, tante produzioni di passito ma il nostro possiede un’eccellenza che deriva proprio da questa uva che cresce su questa terra vulcanica, la nostra terra che crea un paesaggio agrario esclusivo e unico per produzione e per bellezza. Quindi è necessario arrivare all’affermazione del prodotto “Zibibbo di Pantelleria” che ci identifichi con precisione e alla valorizzazione del territorio e delle sue peculiarità in termini produttivi. Lo Zibibbo deve identificare il nostro territorio così come la Malvasia identifica Lipari. La scommessa che sottende a questa manifestazione del PASSITALY 2014 è che il paesaggio agrario di Pantelleria venga recuperato affinché lo Zibibbo diventi remunerativo e gli agricoltori, che sono gli attori principali, facciano sistema tra di loro e inizino ad avere un reddito adeguato dalle proprie uve. A fine Novembre la commissione di valutazione dell’Unesco dovrà esprimersi se accordare o meno il riconoscimento all’alberello pantesco. Per la prima volta questo organismo è chiamato a inserire tra i beni immateriali dell’Umanità non un monumento o un luogo, ma una pratica agronomica. L’iscrizione darebbe finalmente il giusto valore a una delle espressioni più antiche dell’agricoltura mediterranea e nuova linfa al faticoso lavoro dei produttori”.

 “Il nostro Istituto – ha sottolineato Lucio Monte, Direttore dell’IRVO della Regione Sicilia – è al fianco di quanti su Pantelleria continueranno a coltivare lo Zibibbo e a produrre uno dei vini simbolo del Mediterraneo, il “Passito di Pantelleria. Per il futuro è sempre più forte la consapevolezza di dover puntare nella qualità di questa produzione in modo da potere trovare una nuova capacità di remunerare il lavoro del contadino. L’obiettivo di rilancio dell’alberello pantesco passerà, infatti, anche attraverso l’inserimento di questa cultura agricola tra i beni tutelati dall’Unesco. “Ě importante – ha concluso Lucio Monte – che le nuove generazioni ritrovino a Pantelleria l’orgoglio di una produzione che vanta secoli di storia con nuove motivazioni di natura economica ma anche identitaria”.

La Rassegna dei Passiti dolci del Mediterraneo ha focalizzato in diversi momenti l’esclusiva qualità dei prodotti dell’isola. Giorni intensi, pieni di appuntamenti, di progetti e di aspettative dove è stato messo in risalto che il futuro di Pantelleria sta nella sua agricoltura e nella sua economia.  Più volte è stato detto che tutto è importante ma che la differenza viene svolta dall’uomo e dalla sua tenacia nel fare, dalla sua capacità di mettersi gioco. A riprova di ciò l’impegno e la fatica gratuita fatta con entusiasmo da chi ha potuto offrire gusti e delizie esclusive: caponata, insalata pantesca, couscous, insalata di polipo, olive, pomodori secchi, paté, formaggi, ambrosia d’uva, biscotti, cascatelle ripiene di ricotta e cioccolato, pane al sesamo ripieno di ogni ben di Dio e in abbinamento vini secchi da uve zibibbo, che volendo o no stanno aumentando in numero di bottiglie. Un vino che piace e che non fa guerra al Passito che tutti vorrebbero per fare da traino al settore. Così pure per un futuro agricolo dell’isola, abbiamo sentito che si stanno approntando vini spumanti ottenuti dai racemi rimasti sulla pianta. Le prime bottiglie stappate hanno dato buoni segnali per proseguire. E non è una cosa da niente se si pensa che su ogni pianta si possono raccogliere circa 1,5-2 kg di uva che moltiplicati per 3000 piante ettaro si arriva ad avere ben 5-6.000 kg di uva per ogni ettaro che sarebbe stata dimenticata in pianta. Due gli appunti da farsi ai panteschi. Il primo è quello di non credere nella bontà della loro frutta, infatti, mai che presentino in tavola un cesto di uva, di pere, di pesce o di offrire un bel piatto colmo di fette di melone giallo ben freddo o di fichidindia già pronti per essere mangiati da chi non ha possibilità di farlo nei propri paesi. Il secondo è quello di continuare a credere anche nell’altro vino DOC: il Moscato di Pantelleria, meno caro, aromatico, profumato di fiori di arancio e di erbe mediterranee e gustoso di acidula/freschezza e fragrante di frutti tropicali. Dal piacevole tenore alcolico è un perfetto vino da dessert e nei pomeriggi estivi è ottimo dissetante con frutta fresca tagliata e aggiunta nel bicchiere con una foglia di menta.


La visita alle aziende

L’accoglienza delle aziende è stata a dir poco fantastica, sia a pranzo dove dire light lunch è un’eresia bella e buona, e sia a cena dove hanno operato fior fiore di chef locali ma anche di brave “cuoche di casa”. Ho ricordi entusiasti di: caponata tiepida di verdure; parmigiana di melanzane; insalata pantesca; ciaki-ciuka; gambero rosso crudo alla gelatina di passito; insalata di polpo alla pantesca; cous-cous pesce alla pantesca; calamari ripieni; involtini di pesce spada; paccheri al pesto pantesco; ravioli di ricotta e menta; spaghetti con zucchine fritte, menta e mandorle; coniglio con pomodori secchi e capperi; polpettine al sugo rosso e, in chiusura, d’obbligo i dessert: mustazzuoli; baci di Pantelleria; gelati, sorbetti e granatine a piacere. Una cucina, quella pantesca, autentica espressione della dieta mediterranea tanto celebrata. La prima sera di arrivo sull’isola tutti siamo stati ospiti a Kamma dalla famiglia Rallo, proprietaria dell’azienda Donnafugata. Ha cucinato piatti di assoluta tipicità pantesca lo chef Gianni Busetta del Ristorante La Nicchia di Scauri con una serie impressionante di vini in abbinamento sia siciliani che isolani panteschi di Donnafugata. Chiusura con il mitico Passito di Pantelleria DOC Ben Ryè delle vendemmie 2012 – 2011 e il superlativo 2008, edizione limitata a 6.465 bottiglie riportando in etichetta la firma del fondatore Giacomo Rallo, a siglare la ventesima vendemmia sull’isola, di questo “figlio del vento”.  

Nei quattro giorni a seguire, divisi in due gruppi, i giornalisti hanno potuto visitare alcune delle aziende che producono Passito di Pantelleria DOC. Per quanto riguarda le case vinicole assegnatemi ho potuto visitare e godere della loro ospitalità o diurna o serale di: Salvatore Murana (www.vinimurana.it), Abraxas (www.abraxasvini.com), Vinicola Minardi (www.viniminardi.it), Cantina Basile (www.cantinabasile.com), Bukkaram della Famiglia De Bartoli (www.marcodebartoli.com), Salvino Gorgone (www.passitodietrolisola.it), Carol Bouquet (www.sanguedoro.it) e Coste Ghirlanda di Katherina Pazienza Gelmetti (ultima azienda arrivata sull’isola con cantina in costruzione e seguita come enologo da Lorenzo Landi) (www.costeghirlanda.it). Inoltre si è potuto visitare il famoso cappereto ad anfiteatro di Pietro Bonomo, l’azienda di Bonomo&Figlio di Scauri Alto (glas@bonomoegiglio.it) e la Cooperativa Agricola Produttori Capperi di Scauri Basso (www.capperipantelleria.com). Una veloce visita mattutina anche al Vivaio Paulsen di Ghirlanda per degustare vini sperimentali non ancora in commercio: novità di cui sentiremo parlare tra qualche anno. Infine, da citare, l’accogliente serata offerta da “La Scuola di cucina – L’Arte di cucinare” (www.artedelcucinare.it) con Maria Rita Barracco e Manila Foresti Sancinelli, che oltre ai gustosi antipasti hanno fatto vedere tutta la preparazione del cous cous pantesco, naturalmente a base di pesce, poi degustato con vino Grillo Mothia Biancomaggiore 2013 dell’azienda Rallo Vesco di Marsala.




Pantelleria è anche ARTE

Nel corso delle quattro giornate di Passitaly, giornalisti e turisti sbarcati sull’isola per l’occasione, (avevano a disposizione tre itinerari studiati appositamente per loro) hanno avuto modo di partecipare ad un calendario fittissimo di appuntamenti senza dimenticare anche spazi per l’arte. Tre interessanti mostre in contemporanea, di cui le ultime due al Castello Barbacane. La prima, “Universi II” di Michele Cossyro è stata allestita nei locali della Mediateca Comunale, recentemente consegnata e restituita alla comunità, fortemente voluta dal Comitato Preziosa Pantelleria che ha inteso inaugurare la propria attività sull’isola rimarcando le finalità legate alla promozione dell’arte e della cultura, per il rilancio e la valorizzazione dell’isola verso percorsi oltre confine. La mostra coniuga un fantastico approfondimento delle tematiche che il maestro Cossyro ha realizzato a Pantelleria, sua inesauribile fonte ispiratrice. Molte delle opere ricomposte sulle pareti e valorizzate singolarmente da una luce appositamente studiata, affascinano per la centralità del colore che attira lo sguardo, quasi a prenderti per mano per portarti poi lungo sfumature che si spengono là dove iniziano le emozioni. 

La seconda: “Elogio dell’Imperfezione – La complessità della semplicità” di Giovanna Lentini che ha esposto lavori dove…stoffe e fili imbastiscono un racconto poetico fatto di linee e tasselli di colore in apparenza vaganti come guidati dal caso ma in realtà assemblati secondo una logica che il tempo paziente dell’intervento scopre nella sua manipolazione geometrica, quasi geografie congettuali…I fili delle cuciture sono frasi misteriose in un racconto aperto di controllata imperfezione che coinvolge l’osservatore. www.giovannalentini.it

Infine, interessantissima, “Nero Pantelleria – Il linguaggio della pietra” mostra di sculture di Maria Teresa Illuminato, catanese di nascita, artista e docente di Ecodisegn presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera. Della sua mostra il prof. Thomas Schaefer dice che…il vero nero non esiste in Pantelleria. L’isola offre tanti neri, dal nero lucido dell’ossidiana della Balata de li Turchi, al condensato di basalto di Kharuscia, fino e al leggero  e poroso tufo nero-verde di San Marco. E tutte queste pietre mostrano delle caratteristiche forme e strutture molte diverse tra loro pur essendo tutte di origine vulcanica. Sotto la mano dell’artista le pietre irregolari diventano un modo nuovo per capire veramente cos’è il “nero pantesco” in tutta la sua varietà.

 


L’Isola dal cuore di pietra nera: Pantelleria

Pantelleria, figlia del mare e del fuoco, nasce negli abissi marini del Canale di Sicilia, a duemila metri di profondità, da un magma sommerso. Un giorno questo magma si mise in eruzione e la genesi dell’isola dovette essere uno spettacolo apocalittico, poiché si dice che furono almeno cinquanta le bocche eruttive che vomitarono ed accumularono i materiali effusivi che formarono Pantelleria. Un’isola, a detta dei geologi, giovane, che non supera i duecentomila anni. Adagiata al centro del Mediterraneo, tra due continenti, l’Africa e l’Europa, dista dalla Tunisia 75 Km. e dalla Sicilia 105 Km. La sua superficie è di 83 Kmq e la sua altezza massima è data dalla Montagna Grande, residuo di un antico cratere vulcanico spento, attorno alla quale si irradiano altri 24 crateri e sbocchi minori, detti “cuddìe”. Ha un’altitudine di 836 m. s.l.m. e dalla sommità lo sguardo corre sulle terre siciliane e africane. Il nome, Pantelleria, dal latino panthera (tenda), sembra dovuto al profilo capriccioso delle colline intorno alla Montagna Grande che si “tendono” come reti per catturare gli uccelli e l’isola, in effetti, si trova sulla rotta di molti pennuti migratori. Per i Fenici fu Hiranim, per gli Arabi fu Bent el Rhia, “l’isola del vento”, Cossyra per i Romani. 

Bellissima, unica, esclusiva, sta soffrendo il malcostume, il menefreghismo e l’abusivismo edilizio che la stanno mettendo a dura prova. Ma Pantelleria, comunque resiste e contrariamente a quanto si possa pensare, conserva un cuore verde intatto: eriche giganti dalle fioriture spettacolari, ginepri, corbezzoli, gialle ginestre spinose, rosmarini e mirti profumati formano quella che è ritenuta dai naturalisti la vera macchia mediterranea. La flora spontanea annovera circa 430 specie di flora spontanea; 800 ettari sono rivestiti di pini d’Aleppo e di pini marittimi di una varietà endemica. Il forte Maestrale, il terribile Libeccio con le sue raffiche, l’ardente Scirocco che arriva impietoso dalla vicina Africa e il sottile Grecale, si alternano per 340 giorni all’anno in un turbinìo che stordisce il visitatore e rende difficile la vita sia ai circa 10.000 abitanti che ai numerosi turisti che visitano la visitano ogni anno (6500 quelli arrivati in aereo nel 2013).  Ma nessun problema: questi panteschi hanno insospettate virtù innate ed hanno negli anni sviluppato un’agricoltura specializzata particolarissima, unica nel suo genere, con colture basse o striscianti, che ricordano un pò l’arte del bonsai. Viti nane, capperi striscianti, olivi potati bassi dove ciascuno dei prodotti finali racchiude in sè un vero concentrato di sapori, gusti e aromi mediterranei. Non a caso i vini, le uve, i capperi e l’olio di Pantelleria sono particolarmente pregiati e lo zibibbo e il moscato godono di rispettabilissima fama. Famosi sono i “giardino”, muretti circolari di pietra lavica, che se ne trovano ancora molti tra i campi, a difendere magari soltanto una pianta di limone. Le case coloniche, autosufficienti, chiamati “dammusi ”, intonacati di bianco e rosa, sono una specie di parallelepipedo dal tetto piatto o leggermente a cupola per convogliare l’acqua piovana nelle cisterne interrate, con forno e talvolta con mulino, accostati l’un l’altro in modo casuale in un armonico alternarsi di linee e angoli retti, che sopravvivono alla trasformazione moderna dell’agricoltura. Una terra coltivata col sudore perché è così accidentata, terra lavica e durissima, che nella maggior parte dei casi esclude l’aiuto di qualsiasi mezzo meccanico. 

Un’agricoltura che è dovuta venire a patto con i venti, con l’acqua che non c’è, col sole che brucia come dimostrano le piccole viti di zibibbo tenute bassissime per evitare che il troppo sole li bruci. Tutta la vita a Pantelleria è una conquista. Persino l’accesso al mare. Tranne le vie naturali di Cala Levante, Gadir, Sataria e Scauri, le altre bisogna comunque inventarsele: scendere e risalire lungo ripidi sentieri di sassi e di roccia per potersi alla fine tuffarsi nel colore straordinario di questo mare, godere delle sue fiabesche trasparenze, avere la visione del vento che ti parla, di continuo, perennemente. Bisogna capire il mare e il cambiare del tempo durante il giorno, il canto degli uccelli notturni e lo starnazzare delle lunghe squadriglie di migratori. Non bisogna credere alle agenzie di viaggio che vendono Pantelleria come un’alternativa a Rimini. L’isola è piena di spigoli della sua lava più dura ed è fatta pertanto per quei turisti, convinti, decisi, che la vogliono capire. Una vacanza tra maggio e giugno o tra settembre e ottobre è un’esperienza indimenticabile. 14 Km. di lunghezza, 8 Km. di larghezza, 51 Km. di circonferenza, 200 Km. di strade permettono di scoprire villaggi di dammusi, le famose coste di Mueggen, i resti preistorici di Mursia, le tombe di Monastero e Piano della Ghirlanda, i sepolcri di Gibbiuna e lo specchio di Venere, (incantevole laghetto nascosto da un giro di colline nelle cui calde acque vi sono fanghi solforosi e “caldarelle” in continua ebollizione). Scopriamo Pantelleria ma non sciupiamola. Pantelleria è un museo marino aperto come pochi al mondo. Avviciniamola ma con il dovuto rispetto.

 

*****

Ufficio Stampa Passiltaly 2014 – Gran Via Società & Comunicazione

Via Giotto, 92 – 90145 Palermo – Tel. (+39) 091 6814529

info@granviasc.itpress.granvia@gmail.comwww.granviasc.it

Servizio a cura di Rocco Lettieri per PASSITALY 2014

 

a cura di Rocco Lettieri

® Riproduzione Riservata

© Vietata la diffusione senza autorizzazione scritta